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Rapporto Ance 2018: i gruppi più importanti scelgono il mercato globale, mentre il giro d’affari italiano continua a contrarsi

Costruzioni, il fatturato delle grandi imprese vola all’estero

di Elena Pasquini | pubblicato: 01/10/2018
Dobbiamo ricostruire un mix equilibrato tra l'internazionalizzazione e il mercato interno
Gabriele Buia, Presidente Ance
Costruzioni, il fatturato delle grandi imprese vola all’estero
Dobbiamo ricostruire un mix equilibrato tra l'internazionalizzazione e il mercato interno
Gabriele Buia, Presidente Ance

Strade, ponti, metropolitane, ferrovie e impianti idroelettrici. Sono i sistemi infrastrutturali complessi a comporre in prevalenza il portafoglio lavori delle imprese italiane delle costruzioni all’estero. Che continua a crescere anche nel 2017. Il Rapporto Ance 2018, presentato al Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale il 1 ottobre, cristallizza l’ulteriore incremento del 2% nel fatturato estero delle imprese che operano oltreconfine e ratifica lo stallo del mercato interno.
Con 112 cantieri tra Stati Uniti, Polonia, Turchia, Medio Oriente e Africa Sub-Sahariana, ponti e strade cubano il 22,9% del fatturato, seguiti da metropolitane (18,3%) e ferrovie (14,1%). Importante anche la presenza italiana nelle concessioni con commesse, acquisite anche attraverso partnership con imprese straniere e per la metà relative al settore autostradale, per un valore di oltre 25 miliardi di euro.

I numeri dell’Ance raccontano una fuga all’estero delle imprese italiane di costruzione che, si legge, «oggi interessa le aziende di tutte le dimensioni». In 13 anni, la quota di fatturato estera ha surclassato quella interna: dal 31% del 2004 è arrivata a rappresentare il 74% del totale del giro d’affari mentre sul mercato domestico gli ultimi dieci anni hanno visto ridursi il volume d’affari del 3,3% all’anno.

«L’internazionalizzazione – sostiene l’Ance – sta diventando una scelta obbligata per tutte le classi d’impresa» anche se il trend di crescita risente delle classi di fatturato; alla crescita si accompagna un radicamento nei mercati mondiali con le 46 imprese del campione che nel 2017 erano operative in 92 paesi con oltre 270 imprese di diritto estero.
Benché i risultati 2017 siano da considerare eccezionali, con un +22% di contratti sottoscritti rispetto all’anno precedente, l’appello concorde è allo sviluppo ulteriore dei rapporti tra Italia e altri Paesi. «Il settore delle costruzioni può costituire una presenza trainante per l’Italia - ha affermato il ministro degli Esteri, Enzo Moavero Milanesi, aprendo i lavori – ma i dati lusinghieri sono utili se ci proiettano in un futuro più ambizioso, senza nasconderci le difficoltà di una competizione sempre più acuta e dinamiche di mercato che richiedono continui rilanci». Il Ministro ha poi guardato al mercato interno invitando le imprese all’interazione con Regioni e Province, oltre che con i ministeri dei Trasporti e del Sud, per un salto di qualità che possa contribuire all’aumento del Pil.

«La filiera del mondo delle costruzioni è importantissima per il sistema Paese in ogni contesto in cui opera – ha rimarcato il presidente Ance, Gabriele Buia – ma è necessario che l’Italia acceleri le procedure di spesa per dar linfa alle nostre imprese. Bisogna evitare che gli stanziamenti non diventino cantieri». Lo stesso Presidente, a margine della presentazione, ha proposto una lettura “al rovescio” dei dati, facendo un confronto con la Francia dove prodotto interno ed esterno ha proporzioni inverse nella filiera delle costruzioni: «Dobbiamo ricostruire un mix equilibrato tra internazionalizzazione e mercato interno. Andare all’estero vuol dire confrontarsi con un altro sistema Paese senza poter contare sui “ritorni”: un conto è farlo avendo un proprio mercato interno sul quale fondare la propria internazionalizzazione, un altro è avere il proprio fatturato tutto all’estero. Un fatto che rende il sistema più vulnerabile».

E allora perché registriamo da 12 anni una crescita internazionale? «La concorrenza – ha spiegato il Vice Presidente Ance, Giandomenico Ghella – è tra sistemi Paese e non più tra imprese». L’ingegnere racconta il mercato guardandolo dall’interno, mettendo in primo piano il ruolo della strategia, della politica e delle norme. Perché si investe all’estero? Perché in Italia l’iter delle approvazioni sa essere infinito, perché dopo un annuncio del Governo sugli investimenti non succede nulla per anni, perché i curatori fallimentali possono vendere le certificazioni delle aziende fallite con la conseguenza che nel settore esistono più aziende di quando la crisi è iniziata. Altrove tutto questo non c’è, «per questo il sistema infrastrutturale non cresce».
«Non vogliamo meno Europa – ha concluso Ghella – ma di più, con norme chiare, semplici e trasparenti».

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Tag: italiani all’estero
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