Il rapporto con la natura è anche un elemento di prevenzione contro lo stress e rallenta i processi d’invecchiamento. Per questo è importante inserire nei contesti urbani delle aree di “decompressione”. Ad approfondire questa correlazione e le possibili sue declinazioni pratiche è stato il convegno presso il Campus Bio-Medico di Roma, in prossimità della riserva naturale Decima Malafede, dal titolo “Parco & OneHealth. Sfide e alleanze per benessere e sostenibilità”.
Curare l’ambiente per intervenire sul benessere del cittadino in ottica preventiva seguendo l’approccio “OneHealth”, riconosciuto da Oms, Fao, Oie e da Unione Europea e Stati Uniti. Un metodo multidisciplinare che considera la stretta correlazione tra salute dell’uomo e contesto ambientale. Se un bambino a 6 anni manifesta già uno stress cronico, come rilevano le ricerche, la medicina convenzionale non è più in grado di gestire il problema, ma c’è bisogno di operare congiuntamente su attività fisica e contatto con gli ambienti naturali.
«L’attività fisica allunga i telomeri in tutte le cellule dell’uomo - ha affermato William Bird, medico e presidente di IntelligentHealth - rallenta i processi di invecchiamento ed è più consistente se si svolge in contatto con la natura e non al chiuso». E se la presenza degli alberi negli spazi urbani ha effetti positivi sulle performance cognitive, spiega Bird, «è stato dimostrato che il rapporto con la natura e gli spazi verdi riduce del 50% gli effetti degli eventi stressanti, in particolare su bambini e ragazzi».
Solitari, chiusi in casa, carnivori quanto mai prima, in un mondo sempre più caldo: viviamo in un ambiente che non è pensato per il nostro corpo e gli effetti si stanno rendendo sempre più evidenti. Una curva che, ha spiegato Gian Carlo Blangiardo, presidente Istat, deve essere osservata attraverso gli indicatori dell’indice BES (benessere equo e sostenibile), di cui è stato pubblicato il 19 dicembre la settima edizione (qui il dettaglio). La categoria dei “grandi vecchi” con oltre 90 e 100 anni è in forte crescita: nel 2050 la classe d’età prevalente sarà attorno agli 80 anni. La maggiore longevità si accompagna a condizioni di salute più precarie: una donna di 65 anni può aspettarsi di vivere in media altri 22,5 anni, di cui 12,7 (il 56,4%) con limitazioni nelle attività; per un uomo della stessa età la speranza di vita è 19,3 anni, di cui 9,3 anni (48,9%) con limitazioni. «Il cambiamento è inarrestabile e la gestione della maturità sarà da risolvere - sottolinea Blangiardo - Dobbiamo arrivare per tempo a predisporre nuovi equilibri».
Parchi, aree protette, spazi green nella città utilizzati per migliorare la qualità della vita in un contesto demografico che ci porterà a vivere più a lungo possono contribuire a mantenere la curva positiva dei progressi nel campo della salute. «Secondo i dati Europarc una camminata di trenta minuti a passo svelto, nel verde, per cinque giorni a settimana, riduce il rischio di infarto del 20/30%, di diabete del 30/40%, di depressione o demenza del 30% - afferma Giampiero Sammuri, presidente di Federparchi - su questo terreno va portata avanti una strategia comune che veda insieme le aree naturali protette, il mondo medico scientifico e gli esperti del settore ambientale».
«I parchi, dopo decenni dedicati alla protezione e alla conservazione della natura - ha rimarcato Maurizio Gubbiotti, presidente di RomaNatura - oggi devono raccogliere anche le sfide sociali, essere più vicini ai bisogni delle persone e migliorarne la qualità della vita».
La domanda, ha spiegato Fausto Manes, ordinario di Ecologia presso l’Università La Sapienza di Roma, è per servizi ecosistemici, attraverso l’integrazione di capitale ambientale, umano e di “sistema”, per l’appunto, tanto che tra gli stessi obiettivi dell’Agenda Onu 2030 uno è dedicato alle città sostenibili. «L’ecologia è stata valutata anche a livello economico: ridurre di 1 tonnellata il particolato equivale a 31mila euro mentre lo stesso equivalente di ozono in meno ha un valore di 7mila euro» ha sostenuti Manes, che continua evidenziando il costo dell’inquinamento in malattie, morti premature, spesa per manutenzione degli edifici e dei monumenti.
Tra gli elementi da valutare ci sono anche l’impostazione degli ambienti di lavoro e la possibilità di incrementare lo smart working, portando l’uomo nuovamente “in esterna” o, in alternativa, il parco nei luoghi di lavoro. A parlarne è stato Daniele Di Fausto, amministratore delegato di eFm: «Si tratta di recuperare gli spazi urbani e recuperare una città diffusa. Dall'outdoor le potenzialità maggiori».
«Aumenta la consapevolezza ma anche i dati statistici sulla correlazione tra contatto con la natura e benessere» ha fatto eco Laura De Gara, preside della Facoltà di Scienze e Tecnologie per l’uomo e l’ambiente del Campus biomedico che, lo scorso aprile, ha sposato il progetto “Horti Academici”, del gruppo composto dallo studio romano Labics e da quello tedesco Topotek 1 per il masterplan di ampliamento del polo universitario (per dettagli sul concorso leggi qui l’articolo di thebrief).
«Il giardino all’italiana incontra l’agro romano, che entra nel progetto - ha spiegato l’architetto Francesco Isidori di Labics - L’idea è quella di sovrapporre un sistema artificiale a quello naturale, ragionando sugli spazi prima che sul costruito. Gli edifici non sono l’elemento principale: questo ruolo è demandato alla relazione, struttura dell’intero progetto». Tra gli obiettivi la valorizzazione della topografia del territorio, l’uso di essenze autoctone nelle aree verdi e la diversificazione degli usi, anche attraverso lo sport. «I parchi periurbani sono strategici - ha chiosato il direttore generale del Campus Bio-Medico Spa, Domenico Mastrolitto - Il settore pubblico deve investire in queste realtà». Appuntamento al prossimo anno accademico per la seconda edizione di un incontro simile, auspicabilmente nel parco.
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