“Con Rem Koolhaas abbiamo dato vita a una grande Biennale di ricerca sull’Architettura”. Paolo Baratta, presidente della Fondazione La Biennale di Venezia, l’ha spiegato in occasione della conferenza stampa di apertura della 14 Mostra e l’ha ribadito inaugurando il padiglione italiano dove si è complimentato con il curatore Cino Zucchi “per aver rispettato il tema della ricerca suggerito da Koolhaas”. D’altra parte la star olandese ha accettato di curare la kermesse veneziana al patto di avere due anni di tempo per prepararla, e quindi di poter investire su una fase di studio e riflessione.
Per l’edizione 2014 il curatore ha scelto infatti di affidare ai 65 paesi il compito di declinare con originalità e autonomia un argomento specifico, Absorbing Modernity 1914-2014. E per la sua mostra la star olandese si è concentrata sul tema dei Fundamentals. “Camminando tra i padiglioni nazionali vi accorgerete di una grande diversità di approcci, all’interno di una coralità – spiega Koolhaas -. Non c’è un solo architetto in un Paese che sappia descrivere l’ultimo secolo: ecco perché questa Biennale parla più di architettura che di architetti”.
“La presenza dei padiglioni nazionali nella nostra Mostra ha dato origine nel tempo, alternativamente, ad aspirazioni a rappresentare lo specifico dell’identità nazionale, o, al contrario, la capacità del paese di stare come protagonista nel mondo cosmopolita dell’arte e dell’architettura. Con la formula adottata quest’anno, le due possibili aspirazioni si saldano – spiega il presidente Paolo Baratta - dando nuova energia al pluralismo proprio della Biennale”.
Nel 2014 pluralismo a Venezia significa anche interazione con altre discipline, dalla danza al teatro: ecco che nei giorni della vernice e fino a novembre la Fondazione veneziana ha messo a punto un programma di eventi in cui l’integrazione delle arti catalizzerà l’attenzione di molti (non solo architetti alla Biennale di Architettura).
Baratta allarga lo sguardo e pensa alla committenza. “L’informazione – dice - conquista nuovi strumenti e l’aggiornamento si fa più facile, sono quei pericoli di conformismo e di indifferenza che ci preoccupano; indifferenza e conformismo portano a passività e spengono persino il desiderio di arte e di architettura. Una mostra della Biennale deve contrapporsi, deve saper mettere i bastoni fra le ruote del conformismo e rivitalizzare quei desideri”.
Bisogna tornare ad esprimere la domanda di architettura. Ecco allora che Koolhaas ha messo in campo la sua strategia, ripercorrendo la storia della modernità negli ultimi cento anni, riproponendo in una nuova prospettiva gli “elementi” che dovrebbero costituire i riferimenti “per un rigenerato e attuale rapporto tra noi, la nostra civiltà e l’architettura”.
L’Italia alla Biennale 2014 è protagonista non solo nel padiglione italiano coordinato dal Ministero dei Beni culturali e del turismo sotto la regia di Cino Zucchi, ma anche all’Arsenale nella grande Mostra. “Alle Corderie, in una sezione chiamata Monditalia abbiamo voluto dare una visione dell’Italia da parte della generazione dei 30-45enni – spiega Koolhaas – per dimostrare come cambiano gli standard di interpretazione di un paese cruciale come l’Italia che ha un genio e una ricchezza inimmaginabili, ma che non sa attingere al proprio potenziale”.
Un viaggio nella realtà “dove i problemi – spiega Baratta - non solo non devono essere negati o occultati, ma devono essere consapevolmente vissuti, come fonti di rigenerazione e quindi anche come riferimenti per l’architettura”.
“Il mio sforzo negli ultimi dieci anni – spiega Koolhaas – è stato quello di modernizzare la storia e la teoria dell’architettura. Abbiamo abbraciato il digitale ma attenzione, bisogna essere critici, non perdere la fantasia, prestare attenzione che l’architettura ci non sfugga”.
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