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Critiche al testo che punta ad accorpare le figure di pianificatore, paesaggista e conservatore

Bozza di riforma della professione dell’architetto del Cnappc, il no degli urbanisti

di Francesco Fantera e Paola Pierotti | pubblicato: 01/04/2020
«Serve privilegiare l’integrazione, far lavorare in sinergia diverse competenze che mantengano percorsi distinti»
Maurizio Carta
Bozza di riforma della professione dell’architetto del Cnappc, il no degli urbanisti
«Serve privilegiare l’integrazione, far lavorare in sinergia diverse competenze che mantengano percorsi distinti»
Maurizio Carta

Una levata di scudi contro la bozza della proposta di riforma della professione dell’architetto promossa dal Cnappc e sottoposta ai Consigli provinciali degli Ordini il 3 marzo 2020. «Tra i punti che hanno suscitato l'attenzione e aperto il dibattito vi è la sostanziale eliminazione della figura del pianificatore che, assieme a quelle del paesaggista e del conservatore, confluirà nell'unica generale dell'architetto». È questo il tema principale sollevato dall’Istituto Nazionale di Urbanistica attraverso una nota, «segnalando il preoccupante arretramento rispetto alle acquisizioni di decenni di dibattito scientifico e di iniziativa istituzionale».

La Siu (Società Italiana degli Urbanisti), il coordinamento nazionale dei corsi di studi in pianificazione urbanistica e territoriale, l’Assurb (Associazione Nazionale degli Urbanisti e dei pianificatori territoriali ed ambientali) e la Iasla (Società scientifica italiana di architettura del paesaggio), sono solo alcuni degli altri firmatari di lettere inviata al Cnappc, a commento di una bozza di testo a cura di un gruppo operativo e non approvata dal Consiglio.

«Pur condividendo la necessità di riformare il sistema – commenta Maurizio Carta, professore di urbanistica dell’Università di Palermo e componente della giunta della Siu – la multidisciplinarietà dell’approccio è indispensabile e da preferirsi ad un’obsoleta figura unica. Serve privilegiare l’integrazione, far lavorare in sinergia diverse competenze che mantengano percorsi distinti. Non si può fare un salto in avanti con una figura unica e autosufficiente. Sostanzialmente la bozza non convince e soprattutto andrebbe discussa a monte con le Università e la componente scientifica». 

Lo scopo della riforma, condivisa dal Cnappc con gli ordini provinciali e tesa ad attivare un processo partecipato di scrittura del testo finale, è indicato nell’introduzione della lettera di accompagnamento del documento. L’obiettivo è il superamento dell’attuale quadro normativo frammentario che disciplina la professione. Il mezzo? Una legge unitaria che rafforzi il ruolo sociale del progettista nell’interesse pubblico. Dopo la n°1395 del 1923, infatti, si sono susseguiti 44 provvedimenti in 97 anni che, però, non hanno avuto la stessa efficacia di un intervento organico. Ad occuparsi della bozza di riforma il Gruppo Operativo Ordinamento, insediato nel 2016, che ha lavorato sulla base delle scelte fatta durante la conferenza di Milano del 12 aprile 2019. Importante il supporto fornito dai professori Giovanni Maria Flick e Giuseppe Colavitti che hanno contribuito all’elaborazione della bozza quale punto di partenza del confronto con gli Ordini locali. Dibattito strutturato in tre fasi, ma che a causa dell’attuale crisi sanitaria ha visto slittare la deadline del primo step inizialmente previsto per il 30 marzo.

Tre i punti principali. La riforma prevede la soppressione delle figure professionali di pianificatore territoriale e di paesaggista e conservatore dei beni architettonici ed ambientali, oltre che dei pianificatori e degli architetti junior, che confluiranno tutti nella figura dell’architetto. Anche le attuali differenze nel percorso formativo universitario quinquennale vengono cancellate. Detto ciò, per tornare ad essere definiti come tali, pianificatori, conservatori e paesaggisti, si dovranno comprovare la propria esperienza nel settore specifico, o seguire un percorso ad hoc. Terzo punto cardine della bozza prevede che il conseguimento del titolo di specialista per via dell’esperienza maturata sul campo, sia riservato agli architetti che hanno maturato un’anzianità d’iscrizione all’albo di almeno dieci anni. Questi, inoltre, dovranno dimostrare di aver esercitato la propria attività professionale in modo assiduo e senza sospensioni.

Il “coro dei no”. La reazione dei professionisti non si è fatta attendere. Fra coloro che più hanno fatto sentire la propria voce in opposizione alla bozza c’è appunto l’Istituto Nazionale di Urbanistica, guidato da Michele Talla. Facendo da raccordo fra le posizioni esplicitate dalle associazioni che raccolgono le figure occupate nel settore dell’urbanistica, è stato ricordato come «la formazione e la ricerca universitaria hanno ormai configurato un profilo professionale di urbanista che è riconosciuto a livello internazionale e che risponde ad una precisa domanda per quanto riguarda il governo del territorio e il conseguimento di obiettivi di promozione sociale e sostenibilità ambientale». Con l’obiettivo di promuovere una fase di confronto ulteriore, l’Inu ribadisce la volontà di contribuire alla discussione «che si confida verrà promossa dal Cnappc in vista dell’emendamento e della condivisione del progetto di riforma della professione dell’architetto da parte di tutti i soggetti interessati». Solo così «l’urbanistica e la pianificazione territoriale potranno rivelarsi nuovamente indispensabili nella lunga e faticosa ricostruzione che ci attende dopo la fine dell’emergenza sanitaria».

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Tag: città
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