Il percorso di revisione della disciplina sui contratti, il metodo attraverso cui pervenire a una nuova legislazione, le questioni su cui tornare a confrontarsi. La presentazione nella sala Aldo Moro della Camera dei Deputati del volume “I contratti pubblici dopo la conversione del decreto sblocca cantieri” (a cura di Bolognino, Bonura, Storto, edizioni La Tribuna - 2019) porta attorno allo stesso tavolo una compagine bipartisan di esponenti del Parlamento interessati dai lavori. In primis il ministro delle Infrastrutture e dei Traporti, Danilo Toninelli, soddisfatto del decreto sblocca cantieri «poiché è stato approvato in Parlamento una norma il cui ambito giuridico trasversalmente investe tutti gli ambiti della pubblica amministrazione».
Anticipando che sarà presto ultimato il testo di sintesi dei circa 2500 contributi che lo scorso anno sono arrivati al Mit per la consultazione pubblica sulla prima delle tre fasi (sblocca cantieri, regolamento, legge delega) di modica del Codice - mentre è già in corso un’altra fase consultiva «migliorata perché blindata per soggetti: pubblico, associazione, operatore» (leggi anche “Codice degli appalti, al via la consultazione sul regolamento unico”) - Toninelli rimarca il lavoro svolto finora: «Stiamo dando attuazione al Codice dei contratti pubblici continuando sull’impostazione di condivisione che ci ha permesso di ottenere l’approvazione del Dl: un risultato buono, non perfetto, ma che di fatto nessuno ha contestato, capace di sbloccare il contesto giuridico che non ci permetteva di utilizzare le risorse dello Stato».
Tre i motivi per affrontare una modifica legislativa sul Codice. Il tempo per chiudere un’opera in prima battuta: «Sedici anni per opere di un valore superiore ai 100 milioni, dimezzati per quelle sotto questa soglia», afferma il relatore del Dl alla Camera, Roberto Traversi, architetto di professione. Che aggiunge: «Oggi essere architetto significa essere urbanista e avere un avvocato a disposizione».
Il problema non è solo la normativa anche se, racconta Traversi citando il Mose e il nodo ferroviario di Genova, la realizzazione dell’opera è schiacciata dalla progettazione. Quindi la regolamentazione rappresenta un problema: «Oltre cinquemila contenziosi, 60 modifiche da parte del Legislatore», spiega, che hanno reso «caotico» il quadro normativo. Da ultimo, solo in ordine d’esposizione, la crisi endemica del comparto edilizia, anche, dice Traversi, legata ai pochi investimenti del pubblico.
«Il risultato è buono anche se si tratta solo di un primo intervento sul Codice. Porta con sé alcuni significativi risultati come l’eliminazione del minimo ribasso sotto i 150mila euro, l’autonomia data ai Comuni su alcuni profili più routinari, l’eliminazione della terna dei nomi nel subappalto oltre alle decisioni rispetto ai commissari dall’albo Anac. Manca ancora uno sforzo maggiore verso le piccole imprese come chiesto dall’Unione Europea e una migliore struttura rispetto alla divisione in lotti delle opere che, a mio avviso, non avvantaggia i piccoli» afferma. Dubbi sulle scelte in tema di commissari, perchè «nella normale amministrazione mi sembra significhi arrendersi a delle situazioni che il Legislatore potrebbe gestire», come anche sull’appalto integrato per via della «commistione tra chi progetta e chi realizza anche se accelera». Tra le speranze riversate sul Regolamento per Traversi c’è la questione del massimo ribasso per il compenso dei professionisti: «Spero venga stilata meglio».
Più critica Chiara Braga, capogruppo Pd in Commissione Ambiente e Lavori pubblici della Camera, che avvia il suo intervento contestando proprio quel metodo presentato da Toninelli: «Un vulnus aldilà del merito dei contenuti che ha impedito di chiarire la scelta stessa dello strumento del decreto legge. Non abbiamo avuto alcuna occasione di discutere con il ministro competente della materia in sede istituzionale».
Un testo finale, quello dello Sblocca Cantieri, definito «incoerente» dall’onorevole a partire dalla struttura del provvedimento, che riflette i compromessi necessari per l’approvazione del testo e non restituisce solidità al sistema degli operatori rispetto al Codice. Sotto osservazione la scelta di una sospensione temporanea di alcune nome, con una scadenza “breve” - il 31 dicembre 2020 - benché si tratti di aggregazione delle stazioni appaltanti, divieto d’appalto integrato, scelta obbligatoria dei commissari di gara da parte delle stazioni appaltanti.
Ma anche altre norme di semplificazione, alcune a valenza temporanea - «formula affascinante» - e altre a regime che operano su punti nevralgici. Inaccettabile l’equiparazione tra i due criteri di aggiudicazione (massimo ribasso e offerta economicamente più vantaggiosa) ma, ancora di più, la messa in discussione della qualità del progetto: l’affidamento di un progetto non più esecutivo o l’innalzamento della soglia del subappalto per esempio tendono ad abbassare la qualità di progettazione e di realizzazione.
«Il combinato disposto tra normativa più lasca sul subappalto e l’affidamento ordinario con il criterio del massimo ribasso - afferma Chiara Braga - dequalificherà in maniera significativa la realizzazione e le tutele per i lavoratori».
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