L’housing sociale in Italia vede emergere un modello abitativo caratterizzato dalla centralità della gestione sociale e dalla volontà di costruire comunità collaborative. “La competenza cooperativa può garantire nel lungo periodo la costruzione e la tenuta della comunità – spiegano da Legacoop Abitanti – elemento che oltre a costruire un’opportunità per il territorio, rappresenta un fattore di sicurezza per gli investitori”. Legacoop Abitanti e Fondazione Housing Sociale con il supporto del Politecnico di Milano Dipartimento ABC hanno promosso e condotto una ricerca con l’obiettivo di costruire un protocollo condiviso tra le cooperative, a disposizione di tutti i soggetti che intendano operare nella gestione di immobili di housing sociale, e creare le condizioni per offrire servizi di qualità in quelle aree dove sono in corso altre iniziative di sviluppo.
Gli esiti di questo laboratorio sono stati presentati a Roma in occasione dell’iniziativa dedicata a “Il gestore sociale cooperativo come l’infrastruttura dell’housing sociale” con la collaborazione di Finabita, Fondazione Housing Sociale e l’alleanza per le Cooperative italiane.
La gestione sociale è il filo conduttore dell’incontro che ha tentato di misurare l’impatto sociale ed economico di questa componente, guardando al valore aggiunto del facility e del community management. Studiando anche casi internazionali. “Chi opera nel settore del social housing – spiega Paola del Monte, Cdp sgr, rappresentante del fondo FIA – punta a relazionarsi direttamente con le comunità e le persone, purtroppo il tema critico è sempre legato alle risorse, al valore attribuito all’impegno, alla partecipazione, alla condivisione. In questi anni c’è stato un grande sforzo nell’ottimizzazione del ciclo di vita degli interventi, dalla progettazione alla scelta dei sistemi costruttivi con l’obiettivo di tenere bassi i costi, per non togliere nulla alla prestazione sociale. Per noi è vitale: il community manager è l’elemento distintivo degli interventi di social housing”.
La gestione sociale per gli operatori del settore non è marginale o superflua. “Come accade per un centro commerciale, il gestore ha un ruolo centrale nella fase di ascolto – racconta Fabio Carlozzo di Investire – aiuta i negozianti a concludere i contratti di locazione, mette in campo strategie per sfruttare gli spazi e promuovere eventi che genereranno flussi, e ancora sfrutta il marketing non appena ci si interfaccia con i clienti. Se togliamo da tutte queste azioni gli elementi che puntano al massimo profitto, restano i tratti distintivi propri del senso di comunità, cari al gestore sociale”.
Preservare il valore immobiliare del patrimonio, gestire le aspettative degli inquilini, valorizzare gli spazi con finalità coordinate con le persone che condividono un’idea di comunità, allargare i servizi alla scala del quartiere. Questi sono alcuni degli obiettivi del community manager, una professione capace di aumentare il valore del bene, “e che dovrebbe diventare normalità – aggiunge Carlozzo impegnato da una decina d’anni sul tema del social housing – coinvolgendo gli enti del terzo settore per creare usi integrativi, per far succedere qualcosa di più vivo e dinamico negli interventi residenziali”.
“Non solo costruire, ma gestire, puntare sui giovani e guardare all’immigrazione come un’opportunità”. Alfredo Morabito, direttore Area Promozione Attiva Coopfond spa che ha sottolineato in questo contesto quanto “investire sulla gestione sociale significhi fare innovazione e quanto spesso le idee nascano dall’interazione con altri settori”.
Oggi l’housing sociale viene rappresentato come un sistema in grado di offrire una risposta abitativa e al contempo è una forma di presidio sociale e di welfare. “Ciò che contraddistingue un investimento a impatto sociale – spiega Rossana Zaccaria, presidente della Legacoop Abitanti – è la capacità di sostenere contemporaneamente processi di sviluppo, innovazione e inclusione sociale, ovvero reperire risorse aggiuntive per sostenere interventi sperimentali che altrimenti non verrebbero finanziati”. Sulle operazioni che riguardano l’housing sociale c’è grande aspettativa: dal lato della domanda si guarda con interesse ad una diversificazione dell’utenza (anziani, giovani, migranti, forme temporanee dell’abitare), dal lato dell’offerta si investe sulla capacità di creazione dei servizi alle comunità. “Si sposta l’attenzione dalla produzione edilizia alla gestione – ribadisce Zaccaria – e si fa in modo che questa non sia un’azione residuale e accessoria, ma che sia un’attività stabile, continuativa di valorizzazione degli asset immobiliari e di produzione di valore sociale”.
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