“Una campagna contro lo scollamento tra architettura e società civile, contro il conformismo di quanti rinunciano a porre domande alla stessa architettura, una sfida per comunicare l’architettura come bene pubblico e gratuito”. Paolo Baratta, presidente della Biennale di Venezia ha illustrato con questi obiettivi la mission della prossima Mostra Internazionale di Architettura in programma dal 28 maggio al 27 novembre 2016.
La Biennale Architettura del prossimo anno sarà dedicata al tema “Reporting from the front” e racconterà al pubblico di addetti ai lavori e non cosa significa migliorare la qualità della vita mentre si lavora al limite, in circostanze difficili, affrontando sfide impellenti. Il curatore Alejandro Aravena tenta una sfida: evitare le proteste per ciò che manca ed esaltare ciò che è disponibile. A partire dai paesi più in difficoltà.
“Identificheremo le domande giuste da porci, cercheremo esempi nel mondo dove il bicchiere è mezzo pieno, e impareremo dalle buone esperienze quali sono gli strumenti di successo per apportare un cambiamento positivo”. Il curatore della 15 Mostra di Architettura ha sintetizzato così il suo approccio: “collezioneremo risposte puntuali a specifiche domande, e i risultati ci illumineranno su cosa si può fare”.
“Ci sono ancora molte battaglie da vincere e molte frontiere da espandere per poter migliorare la qualità dell’ambiente edificato e delle persone – così ha detto Aravena -. Sono sempre più le persone sul pianeta alla ricerca di un luogo decente in cui poter vivere, e le condizioni per raggiungere tale scopo si fanno di ora in ora sempre più ardue. Ma a differenza dei conflitti bellici in cui nessuno vince, e su cui aleggia un diffuso senso di sconfitta, nei confronti dell’ambiente edificato si respira un’aria di vitalità perché l’architettura guarda in chiave prospettica”.
“Negli anni passati – ha aggiunto Baratta – si è parlato della scomparsa dell’architettura o in alternativa sono finiti sotto i riflettori quei pochi architetti che brandendo la tecnologia hanno innalzato opere spettacolari; la committenza si è concentrata solo su alcuni campi per esibire iniziative di successo o potere”.
La Biennale 2016 prosegue la linea delle ultime Biennali di ricerca e, dopo un’attenta indagine sulla comunità degli architetti messa in scena da David Chipperfield e Rem Koolhaas, punta a selezionare buone pratiche concrete.
La Biennale di Aravena si inserisce nella ricerca sul tema delle periferie, questione recentemente riaccesa in Italia grazie al contributo di Renzo Piano-senatore, ma non potrà tralasciare il tema del social housing o ancora delle residenze temporanee per gli immigrati.
“Sarà una Biennale di grande speranza che poterà all’attenzione del mondo l’architettura come strumento dell’arte pubblica, come dea abbandonata – ha commentato Baratta – che bisogna tornare ad interpellare”. “In uno spazio compatto – ha aggiunto Aravena – quello della Biennale, riusciremo a raccogliere una conoscenza sistemica di contributi provenienti da tutto il mondo”.
Aravena punta a dimostrare che si può imparare da quelle architetture che nonostante la scarsità di mezzi, esaltano ciò che è disponibile invece di protestare per quello che manca. “Non ci sono soluzioni preconfenzionate. Se ci sono domande diverse, servono risposte diverse. Anch’io – ha detto il curatore – sono curioso di capire come vengono affrontati i problemi, ma prima bisogna essere in grado di evidenziarli e concepirli come tali. L’architettura ha un potere di sintesi che pochi altri hanno perché riesce ad organizzare delle proposte. E – continua – se si fa velocemente, si riescono poi anche a modulare in corsa, migliorando la risposta”.
Una Biennale attenta alle soluzioni low budget? Non solo. “A volte le soluzioni iconiche delle archistar sono state la migliore risposta possibile. Bisogna saper sempre scegliere la migliore strategia”.
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