Come possono cultura e costituzione valorizzare il mestiere dell’architetto? Qual è il ruolo del professionista e chi deve essere coinvolto nel processo che porta a un riconoscimento dell’importanza economica e sociale del progettista per la creazione delle città del domani? Al convegno “Cultura e Costituzione”, che si è tenuto il 13 giugno alla Casa dell’Architettura di Roma si è cercato di dare alcune risposte a queste questioni, facendo riferimento in particolare allo strumento della Costituzione. L’evento è stato il terzo e ultimo appuntamento di un ciclo di avvicinamento al VIII Congresso Nazionale degli Architetti (che si svolgerà all’Auditorium Parco della Musica dal 5 al 7 luglio), promosso da Cnappc e Ordine degli Architetti di Roma.
“Siamo in una fase storica in cui le città stanno subendo delle trasformazioni epocali – ha dichiarato Giuseppe Cappochin, Presidente del Cnappc – e gli architetti hanno il ruolo e la responsabilità di migliorare la qualità della vita urbana, mettendo al centro dei processi di cambiamento l’individuo”.
Fari accesi sulla futura legge dell’architettura, di cui si discute ormai da decenni. “La qualità del costruito - ha continuato Cappochin - non si fa attraverso una legge ma con gli strumenti come i concorsi, che devono essere introdotti obbligatoriamente per tutte le opere pubbliche”. Sull'importanza degli strumenti parla anche Flavio Mangione, Presidente dell'Ordine degli Architetti di Roma e provincia: “Per mettere a fuoco le visioni e i mezzi che serviranno in futuro agli architetti è necessario partire dal territorio - ha spiegato Mangione -, solo comprendendo lo spazio nel quale stiamo agendo potremo garantire nei prossimi anni un'alta qualità della vita urbana”.
Due gli obiettivi che la norma dovrà avere secondo l’architetto Guendalina Salimei, architetto fondatore di T Studio e professore di Progettazione Architettonica alla Sapienza di Roma. “E’ urgente rivedere tutte le questioni rimaste in sospese in passato - ha chiarito Salimei - per dare maggior peso alla qualità dell’offerta rispetto all’economicità e creare delle figure esperte all’interno delle amministrazioni in grado di riconoscere e promuovere la buona progettualità. Bisogna anche insegnare alle future generazioni la cultura architettonica, programmando dei percorsi di formazione sia per le Pa che per i cittadini”.
Chiamata a parlare dell’etica del lavoro dell’architetto, l’architetto Salimei ha analizzato gli articoli 4, 9 e 41 della Costituzione, soffermandosi in particolare sul quarto: “ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale delle società”. Da dove si può partire per adempiere a questo dovere? “Scuole, carceri e centri interreligiosi - ha proseguito Salimei - sono gli spazi delle nostre città che hanno più bisogno di essere riqualificati e gestiti in modo innovativo”.
Non manca una condivisa insoddisfazione nei confronti delle attività svolte dalle Pa nel promuovere una cultura architettonica a livello legislativo. “Ne è un esempio la normativa sulla rigenerazione - ha sentenziato Nicolò Rebecchini, presidente dell’Acer - di cui si parla solo all’interno del disegno di legge sul consumo di suolo. Non è stato identificato ancora come fenomeno a sé, e di conseguenza non si riconosce ancora l’importanza che gioca nel processo di rinnovamento delle città”.
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