Un cantiere in continua evoluzione, uno spazio in perenne trasformazione, sin dal 1300. Questa è la fotografia dell’Arsenale di Venezia, emersa dalla ricerca che l’Università Iuav ha condotto mettendo per la prima volta a sistema la mole di dati custoditi da Comune, Soprintendenza ai Beni Architettonici e paesaggistici, Magistrato alle Acque, Biennale, Marina Militare e Demanio.
Un anno di lavoro per censire quarant’anni di trasformazioni, cambi d’uso e nuovi utilizzi. Un lavoro puntuale di analisi e schedatura degli interventi, con l’indicazione di costi e finanziatori (immobile per immobile), che rende conto delle potenzialità di un’area di 27,4 ettari rientrata nelle mani dell’amministrazione comunale nel febbraio 2013.
La ricerca, svolta dal gruppo di lavoro guidato da Stefano Rocchetto del Dipartimento di Culture del progetto e intitolata "Arsenale di Venezia. Da luogo separato a nuova centralità urbana" parte dalla considerazione - sviluppata in particolare dallo studioso Giorgio Bellavitis nel suo libro “L’Arsenale di Venezia, storia di una grande struttura urbana” - che la collocazione fisica ‘segregata’ dell’Arsenale, anche quando il suo ruolo funzionale era strategico nell’economia cittadina, fosse anche un elemento ‘tipico’ dell’organizzazione urbana veneziana, in sé compiuta e articolata in spazi, edifici e fondamenta. Oggi invece la sua marginalità non è tanto fisica quanto legata al suo distacco dalla vita produttiva e civile della città.
Con l’obiettivo di restituire lo stato di fatto attuale dell’Arsenale di Venezia, la ricerca si propone di dare conto dell’insieme di interventi edilizi che hanno interessato l’area, a partire dagli anni ’80, e degli strumenti urbanistici, di pianificazione e di controllo che ne hanno determinato una trasformazione fisica e morfologica rilevante.
Messa in sicurezza e adeguamento normativo, interventi conservativi e di restauro di edifici esistenti ma anche realizzazioni ex novo con insediamento di funzioni e attività nell’Arsenale nord e nell’Arsenale sud, e un ponte di accesso presso il giardino delle Vergini: tutto ciò, a differenza del passato, ha portato ad aprire di fatto l’Arsenale alla città, per quanto parzialmente, in occasione di manifestazioni culturali. Al contempo, sono state verificate possibili metodologie di intervento, nell’ipotesi di apertura ed integrazione dell’intero complesso monumentale alla città e nella convinzione che le future trasformazioni debbano essere rivolte a riconfigurarne il ruolo urbano, da luogo separato, enclave semi-specializzata, a nuova centralità urbana.
Sono state pertanto individuate dieci “aree strategiche”, selezionate in base alla loro potenzialità di trasformazione da e verso la città e il territorio e alla loro capacità di determinare un nuovo modo di “abitare” l’interno dell’Arsenale, attraverso l’inserimento anche di quote di residenza speciale, per ottenere un maggiore presidio dell’area. Nodi complessi sia dal punto di vista fisico che morfologico, tali aree tengono insieme manufatti e spazi aperti di terra e di acqua in un insieme di vuoti e di pieni. Questo proprio nell’ottica di considerare l’Arsenale come parte integrante della città, a sua volta composta di parti diverse, e non come unità monumentale. A questo si affianca un layout relativo al sistema degli accessi e dei percorsi pubblici di connessione che si appoggia sulla maglia degli spazi esterni esistenti. Sono state pertanto individuate tre principali ‘porte’ urbane di accesso per una ottenere una maggiore permeabilità dell’area rispettivamente: da ovest, attraverso il Campo della Celestia, da nord, attraverso le Casermette, e a sud, dall’area Fonderie, attuale ingresso alla Biennale di Venezia.
Ventotto sono gli interventi che emergono dall’analisi condotta da Monica Bosio, assegnista Iuav e coordinatrice della ricerca, da Valentina Gambelli e Tommaso Fornasiero, per schede e rilievi architettonici, e con la consulenza per gli aspetti storici dell’architetto Claudio Menichelli, attuati nel corso degli ultimi decenni per un totale di 65 mila metri quadri di copertura di spazi restaurati (ben 6 ettari e mezzo), e realizzati grazie ad investimenti, per la gran parte pubblici, di molti milioni di euro. Uno studio che, pur limitando il campo di indagine alla porzione di Arsenale passata di recente al Comune di Venezia, restituisce un quadro unitario, fornisce indicazioni sulle aree che presentano criticitàe rappresenta uno strumento di grande utilità per riscoprire l’Arsenale come un luogo dentro la città ma aperto al territorio.
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