Intervista all’ingegnere. Studiare i materiali, le opere hanno una storia e una vita

Dopo il Ponte Morandi. Cardinale (CNI): Sostituzione edilizia, multidisciplinarietà, comunicazione trasparente

di Paola Pierotti | pubblicato: 22/08/2018
"Quando si ha a che fare con la progettazione di strutture in cemento armato servono strutturisti, tecnologi del calcestruzzo e altri specialisti: l’interdisciplinarietà aumenta il contenuto dell’ingegneria, oltre a quello dell’ideazione formale"
Giovanni Cardinale
Dopo il Ponte Morandi. Cardinale (CNI): Sostituzione edilizia, multidisciplinarietà, comunicazione trasparente
"Quando si ha a che fare con la progettazione di strutture in cemento armato servono strutturisti, tecnologi del calcestruzzo e altri specialisti: l’interdisciplinarietà aumenta il contenuto dell’ingegneria, oltre a quello dell’ideazione formale"
Giovanni Cardinale

“Il Ponte Morandi di Genova è un’opera concepita solo pochi anni dopo l’introduzione del cemento armato in Italia, il c.a. precompresso aveva 10-12 anni. Questa è stata sicuramente un’opera innovativa – racconta Giovanni Cardinale, vicepresidente del Consiglio Nazionale degli Ingegneri, fondatore e socio di GPA Ingegneria – che ha richiesto attenzione e particolare manutenzione”. Premesso questo, l’auspicio degli ingegneri è duplice: “non tornare a criminalizzare un materiale come il cemento armato, santificando la supremazia di altri materiali”, e ancora: “non esiste un materiale eterno, buono per tutte le stagioni”.

Tra i non addetti ai lavori si sono alimentati i pregiudizi nei confronti del cemento armato. Cosa possono fare gli ingegneri?
Dobbiamo acquisire ancora maggior consapevolezza sull’importanza di studiare i materiali. I progetti vanno guardati considerando che le opere hanno una storia e una vita. Bisogna confrontarsi apertamente sul tema della sostituzione edilizia. Sono a Londra in queste ore e migliaia di gru raccontano di una città che con facilità sceglie di abbattere e rifare, senza il bisogno ostinato di conservare, magari con interventi sofisticati e costosi. Penso ad Amatrice: il linguaggio della rigenerazione urbana deve parlare anche di demolizione e ricostruzione.

Che lezione dà invece il crollo del Ponte Morandi in termini di competenze?
È un problema complesso. Bisogna credere nella forza della multidisciplinarietà che offre la possibilità di dare risposte complete ai problemi, nonostante il freno di qualche normativa o dei sistemi finanziari o della remunerazione nell’affidamento degli incarichi. Bisogna combattere questa battaglia con strutture adeguate: oggi non sono questioni da geni come Morandi o Nervi, quando si ha a che fare con la progettazione di strutture in cemento armato servono strutturisti, tecnologi del calcestruzzo e altri specialisti: l’interdisciplinarietà aumenta il contenuto dell’ingegneria, oltre a quello dell’ideazione formale.

Secondo lei, come può il crollo del Ponte essere un’occasione per una comunicazione diversa, sia verso il mondo esterno, che internamente tra i professionisti?
Sicuramente non spieghiamo a sufficienza la complessità di questo mestiere: quando si progetta, non si deve dare mai per scontato niente; nella fase di ideazione si devono mettere in crisi le soluzioni e sondare tutte le alternative possibili. Per la categoria professionale invece, sarà prezioso che tutti i documenti, esito delle perizie e del lavoro della commissione ministeriale nominata dopo il crollo, siano messi a disposizione e che i risultati siano trasparenti. Sarà una lezione condivisa. Nel nostro mondo le idee circolano poco e sarebbe utilissimo per migliorarci, anche accettando la critica.

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