“Ripartiamo dalla conoscenza del nostro patrimonio edilizio. Mettiamo a sistema tutte le informazioni reperibili sui nostri immobili e, avvalendoci della più moderna tecnologia, definiamo un piano strategico che restituisca ai nostri figli un paesaggio urbano fatto di edifici belli, sicuri, efficienti e connessi”. Roberta Vitale, architetto napoletano, presidente Ance Giovani, coglie l’occasione di un dibattito acceso intorno al tragico evento del sisma del Centro Italia per richiamare l’attenzione sul BIM. “E’ impensabile che nell’epoca dei big data manchi la conoscenza dei luoghi in cui viviamo, studiamo e lavoriamo. Quando abbiamo iniziato a parlare del BIM nella nostra associazione e nelle nostre imprese – racconta Vitale - ci siamo chiesti quanto il suo utilizzo potesse essere efficace quando si interviene sul costruito, ovvero si restaura, consolida e ristruttura edifici esistenti. Questo perché, per progettare in BIM, bisogna avere un’esatta cognizione dell’edificio su cui si interviene”.
La delicata questione post terremoto riaccende la questione. “Se la conoscenza è garanzia di una buona base su cui progettare e realizzare un prodotto edilizio di qualità, partiamo dal suo utilizzo. Stabiliamo quale debba essere il livello di conoscenza ottimale per rendere sicuri ed efficienti gli immobili esistenti. Partiamo dagli immobili pubblici – dice Vitale – iniziamo consolidando quelli che hanno valore monumentale, storico e artistico e poi demoliamo e ricostruiamo quelli che questo valore non ce l’hanno”.
Sulla questione Bim, in questo particolare contesto, interviene anche Angelo Ciribini, professore dell’Università di Brescia ed esperto di digitalizzazione. “Affinché questo strumento sia efficace in termini di prevenzione sismica, servirebbe che sotto il profilo tecnologico, la restituzione delle nuvole di punti del patrimonio esistente in ambiente Bim, sia coerente con la concezione strutturale degli ambienti digitalizzati. Ancora – spiega l’esperto – serve che questi ambiti siano realmente interoperabili, senza eccessivi sforzi, con quelli del calcolo e della verifica. Condizioni che non sembrano facilmente verificabili”.
Più in generale Ciribini richiama l’attenzione sul tema della sicurezza del territorio suggerendo che “sarebbe meglio affrontarla ad una scala vasta, attraverso un approccio congiunto BIM/GIS”.
Un’idea concreta per iniziare? “Per gli operatori – spiega Ciribini - è prioritario affrontare il tema dell'avvio dei processi aggregativi tra professionisti, per affrontare i temi del lavoro collaborativo e dell'investimento strumentale. Servono agenzie territoriali tra università, ordini e associazioni imprenditoriali”.
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