Nell’ambito della recente rassegna di Scali Urbani – organizzata dall’Ordine degli Architetti PPC di Livorno e rivolta ai temi della sostenibilità, eco-responsabilità e resilienza – si è ampiamente discusso delle sfide poste dal cambiamento climatico alla pianificazione urbana e territoriale, e di come il ruolo dell’architetto debba di conseguenza evolversi tenendo sempre più in considerazione queste tematiche. Punto di partenza per uno degli incontri è stato proprio il tredicesimo dei 17 “Sustainable Development Goals” gli obiettivi per uno sviluppo sostenibile emanati dell’ONU nell’ambito dell’Agenda 2020-2030. Tema comune a tutti i relatori – tra i quali diversi presidenti e vicepresidenti di diversi Ordini nazionali – sono state le possibili azioni che l’architetto dovrebbe compiere per contribuire ad un corretto ed auspicabile percorso di sviluppo sostenibile per il pianeta.
Dal talk è emersa con forza l’urgenza di una nuova architettura, concepita non solo come tecnica e arte della forma solida, ma come luogo di incontro multidisciplinare. L’architetto, con il suo lavoro, si trova ad assumere una grande responsabilità, non solo normativa, ma anche e soprattutto di tipo morale.
Il dibattito è stato introdotto dall’architetto Daniele Menichini, presidente dell’Ordine degli Architetti di Livorno, che ha sottolineato la necessità di un passaggio dal modello ego-centrico ad un modello eco-centrico di progettazione. Dalle fonti energetiche alle modalità di trasporto, passando per il risparmio e la rigenerazione del suolo, Menichini ha sottolineato l’importanza di attuare una rivoluzione tecnologica e progettuale che investa l’intero sistema edilizio, guidandoci verso la costruzione di città diverse da quelle odierne.
Gli effetti dei cambiamenti climatici affliggono gli ambiti più disparati e sotto differenti aspetti: ecologici, sociali, ambientali, paesaggistici ed economici. L’architetto ed ex parlamentare Serena Pellegrino ha altresì evidenziato come sia ormai obsoleto parlare di “sviluppo sostenibile”: «oggi possiamo solo parlare di sostenibilità ambientale, nel senso di quanto le nostre attività impattano sulla Terra» ha detto. «Non riusciremo a riportare il pianeta in una condizione ottimale, ma possiamo mitigare gli effetti più disastrosi dei cambiamenti climatici – ha poi aggiunto Carmela Palmieri, architetto del Dipartimento ambiente, energia e sostenibilità del Cnappc –. L’architetto deve mettere a sistema i rischi specifici del territorio e le azioni da sviluppare e mettere in campo per evitare i rischi individuati». Eco-responsabilità è invece il termine chiave per Giulia Bertolucci, vicepresidente dell’Ordine degli Architetti PPC di Lucca, che ha proseguito: «Ogni nostra scelta ha una ricaduta e un impatto sull’ambiente e sulla salute e sicurezza delle persone: sappiamo che gli scenari futuri non sono incoraggianti, ma proprio per questo bisogna individuare azioni da attuare subito. C’è bisogno di eco-responsabilità».
«Siamo messi di fronte a problemi sempre più complessi, che richiedono soluzioni di volta in volta diverse – ha poi aggiunto Bertolucci. L’ottimizzazione dei consumi energetici va messa in parallelo alla scelta dei materiali: la progettazione/costruzione e la sostenibilità sono fatte di equilibrio tra molteplici valutazioni ed esigenze».
E secondo l’architetto Monica Fini, esperta di bioarchitettura, quella davanti a cui viene messo l’architetto è una sfida culturale, progettuale e metodologica che insiste su diversi aspetti anche molto diversi tra loro, non sempre facili da unire e attuare congiuntamente su un territorio. «Affinché un progetto funzioni – le ha fatto eco Palmieri – società, territorio e amministrazione devono necessariamente dialogare. Fare un buon progetto non è sufficiente se manca una sua ricaduta sociale, come il coinvolgimento della popolazione nella fase iniziale e in quella di utilizzo dello spazio riprogettato, ma questo non è realizzabile senza una spinta amministrativa altrettanto forte e consapevole. Dal nord Europa – ha aggiunto – fino all’area mediterranea sono stati adottati o sono in corso di redazione piani di adattamento al clima, progetti sperimentali e realizzazioni di eco-quartieri sostenibili, di ripristino delle rive dei fiumi e di riqualificazione delle piazze; il loro obiettivo è contrastare il fenomeno delle “isole di calore” con soluzioni per il verde urbano, la permeabilità dei suoli, e per favorire il flusso dell’acqua in caso di alluvioni».
Il progettista, secondo l’architetto Massimiliano Pardi, già segretario dell’INBAR sezione Livorno, è una figura dal piglio umanistico, che si pone come trade d’union tra gli aspetti tecnico-burocratici e la società, «dall'industrializzazione a oggi abbiamo vissuto nel Medioevo energetico, sfruttando energie rinnovabili. Il ruolo dell'architetto è di guidare la transizione verso il Rinascimento energetico».
È divenuta irrinunciabile, per l’architetto, la necessità di porsi come punto di riferimento sulle questioni della sostenibilità, ha poi spiegato Egidio Raimondi, presidente dell'Ordine degli Architetti PPC di Firenze. Il progettista deve immaginare un’architettura etica e sostenibile in tutto il processo edilizio, come sostiene anche il Presidente dell’Ordine degli Architetti PPC di Reggio Emilia Andrea Rinaldi, che afferma: «L’architettura non è proprietà, ma servizio. I progetti del futuro saranno flessibili e modulari: dobbiamo imparare dalla natura, cambiando le regole del gioco. L’economia deve essere ciclica, come lo sono i processi naturali».
«Sono in totale 17 le problematiche Onu a cui deve rispondere il cambiamento in chiave sostenibile – ha commentato infine l’architetto Chiara Tonelli, consigliere Ordine Architetti di Roma – il tema è sfaccettato, ma è fondamentale lo sguardo aperto dell’architetto, che è l’unica figura in grado di coniugare ingegno e bellezza».
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