Nuove professionalità, digitalizzazione e valorizzazione del patrimonio, una nuova cultura. Queste le parole chiave emerse dall’incontro svoltosi il 21 settembre alla Casa dell’architettura a Roma, a due passi dalla stazione Termini. Il tema affrontato? Quello del lavoro nei beni culturali, evidenziando criticità e punti di forza.
Con 90 miliardi di euro di ricchezza prodotta (6% del totale) e un milione e mezzo di posti di lavoro (22mila unità in più rispetto all’anno precedente), si tratta di un ambito di interesse strategico per il nostro Paese. Per quanto riguarda il turismo, settore che risente fortemente delle condizioni del patrimonio costruito, le stime ci dicono che nei prossimi anni il volume a livello globale crescerà a ritmi sostenuti. Essendo l’Italia la quinta meta al mondo per numero di arrivi internazionali, risulta chiaro come un investimento economico, e non solo, sia destinato a portare frutti anche nel breve periodo.
“Il valore di questo sistema è lampante se si guardano le cifre: calcoli recenti dicono che con un euro investito nel settore culturale e creativo, ne tornano indietro 1,8” ha sottolineato Alessandro Rinaldi, dirigente di Unioncamere che, assieme a Symbola, ha realizzato il report “Io sono cultura”, sul ruolo che questa riveste per il Sistema Italia. “Ciò significa che tutta la filiera produce ricchezza pari a circa 250 miliardi di euro (16,7% del totale). Altro elemento da evidenziare – si legge nel rapporto - è che le imprese che operano in questo ambito, tendono ad assumere soprattutto giovani laureati, in controtendenza al trend nazionale”.
Renzo Iorio, Presidente del gruppo tecnico ‘Cultura e Sviluppo’ di Confindustria, ha rimarcato l’importanza della valorizzazione: “è evidente come la cultura sia una tra le poche chiavi attorno alle quali costruire un progetto di lungo respiro, anche nei territori marginalizzati dalla polarizzazione degli impegni economici. Il turismo poi, dà da mangiare a più di 2,5 milioni di famiglie e in futuro, con le giuste risorse, questo numero potrebbe aumentare”.
Come in altri campi però, un fattore che porta ad inseguire modelli vincenti messi in pratica all’estero è rappresentato dal gap tecnologico che ci separa da realtà più avanzate come, ad esempio, quelle dei paesi nordeuropei. Laura Tassinari, ingegnere e Direttore Generale BIC Lazio, ha tracciato un quadro poco incoraggiante: “Il basso livello di digitalizzazione del patrimonio, riflette un dato sconfortante ed esemplificativo: ben il 28% degli italiani non ha accesso ad internet. Non c’è da stupirsi quindi se su 4.976 musei, poco più della metà abbia un sito dedicato, il 40% un account sui social e solamente nel 6,6% dei casi sia possibile acquistare i biglietti online”.
Ciò dimostra non solo l’urgenza di un approccio più moderno e al passo con i tempi nella gestione dei beni culturali, ma anche la necessità di aprire le porte a nuove professionalità. Alcune di queste sono state indicate da Massimo Franceschetti, ricercatore dell’INAPP, che ha evidenziato l’assenza, ad oggi, di figure come “addetti ai servizi ricreativi (cinema, parchi divertimenti, teatro…), analisti software e web designer, tecnici specializzati nella manutenzione dei musei e nella vendita e distribuzione di produzioni artistiche. Tutti mestieri esistenti, ma le cui capacità non sono ancora state messe a disposizione della gestione del nostro patrimonio”.
Sulla stessa lunghezza d’onda Simone Verde, Direttore del Complesso Museale della Pilotta a Parma dall’apertura della gestione del patrimonio ai manager,da parte del Mibact, su indicazione del Ministro Dario Franceschini. Dopo la scelta di consentire la gestione di musei ed aree archeologiche anche a dirigenti stranieri, il boom di visitatori che ne è conseguito sembra aver placato le polemiche iniziali. “Alla competizione portata dall’apertura ai manager internazionali, sta seguendo un innalzamento del livello generale assieme all’innovazione nell’approccio alla gestione dei beni culturali. Per lo stato di manutenzione del nostro patrimonio – ha più volte ribadito il Direttore della Pilotta – è fondamentale la professionalizzazione dei lavoratori, cosa che da noi manca il più delle volte”.
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