Cantieri alimentati unicamente da energie rinnovabili, impronta ecologica dei nuovi edifici ridotta del 40% entro il 2030 ed emissioni zero del territorio cittadino entro il 2025. Non si tratta di tre obiettivi irraggiungibili, bensì di politiche che tre diverse realtà (in ordine Oslo, Vancouver e Copenaghen) hanno messo nero su bianco per contribuire attivamente alla lotta globale contro il riscaldamento climatico. Una questione sempre più attuale e alla quale il World Green Building Council (WGBC) ha deciso di contribuire realizzando il report “Bringing embodied carbon upfront”. Il motivo? Delineare le azioni necessarie a rivoluzionare il mondo delle costruzioni che da solo contribuisce all’immissione nell’atmosfera del 39% dei gas climalteranti (11% dei quali da associare a materiali e processi inerenti l’intero ciclo di vita degli edifici).
Per abbattere la produzione di CO2 in edilizia vengono indicati due target, il primo dei quali intermedio. Entro il 2030, infatti, l’obiettivo è quello di fare in modo che i nuovi edifici, infrastrutture e le operazioni di riqualificazione producano il 40% di emissioni in meno rispetto ad oggi. E l’asticella si alza se si parla del nuovo costruito che dovrà essere ad “emissioni zero” nella sua fase d’uso. Entro il 2050, invece, ad aver azzerato la produzione di gas climalteranti dovrà essere tutto lo stock edilizio, incluso quello esistente. Un percorso non semplice ma realizzabile, sottoscritto da realtà appartenenti al settore pubblico come a quello privato. Andando a leggere le firme di sottoscrizione del documento del WGBC si trovano aziende come la HeidelbergCement, Skanska, Google e il governo finlandese.
Oltre a definire gli obiettivi di riferimento di medio e lungo periodo per il comparto edilizio, il report indica anche le azioni che tutti i componenti della filiera dovrebbero intraprendere per accelerare la decarbonizzazione. Fra queste viene sottolineata non solo l’importanza di una legislazione ad hoc in grado di abbattere le attuali barriere del mercato, ma anche l’efficientamento del processo costruttivo con focus sull’uso intelligente delle risorse. E ancora dalla promozione della rigenerazione invece della demolizione, fino alla costituzione di modelli di economia circolare che riducano la dipendenza da materie prime ad alta intensità di CO2.
Nel rapporto tutto questo è spiegato grazie ad un linguaggio semplice e che punta a rendere consapevoli le varie anime della filiera rispetto al loro ruolo nella lotta al riscaldamento globale. Viene anche specificato un altro elemento di cui poco si parla: nel 2060 il patrimonio immobiliare mondiale sarà il doppio rispetto ai livelli attuali. Da qui l’appello ad un comparto tradizionalmente diviso in tante realtà, spesso piccole, che invece dovranno fare squadra per cambiare radicalmente il modo in cui si progetta, costruisce, utilizza e demolisce.
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