Expo non è una Biennale d’Architettura e come tale è consigliato togliersi il cappello dei censori per cercare cosa sia bello e brutto, kitsch o meno, con dettagli finemente curati o con cavi ancora pendenti. Guardando al progetto si apprezza il rigore del masterplan e l’efficacia di un’impostazione ordinata che facilita l’orientamento e la successione delle architetture.
I Cluster, una delle novità di Expo 2015, raggruppano i Paesi che non hanno realizzato un proprio padiglione e sono stati riuniti secondo identità tematiche e filiere alimentari: i volumi e gli spazi si articolano in aree funzionali (mercato, mostra, eventi e degustazioni), sono di particolare interesse per il mix di scelte tecnologiche e per la scelta dei materiali, e ritmano il passo. Peccato che molti volumi siano ancora vuoti o chiusi.
Le tende che coprono il Decumano, elemento identificativo fin dal primo masterplan quando si immaginavano ampie aree coltivate a orti, sono di grande impatto, ma non sono state efficacemente verificate le relazioni tra padiglioni e spazi pubblici: talvolta è difficile scattare fotografie dei fronti senza avere i tiranti delle coperture del Decumano che tagliano i prospetti e dalle tante terrazze dei padiglioni troppo spesso la vista finisce sulle tensostrutture. ?Il masterplan rigoroso in pianta ha consentito una certa variazione nello sviluppo volumetrico e all’architettura del Bahrein, che ha proposto un percorso con setti in calcestruzzo a un solo livello, si alternano le costruzioni più alte di Stati Uniti o Spagna. La monumentalità della “foresta pietrificata” progettata dal team guidato da Nemesi per il Padiglione Italia è evidente già da lontano: l’edificio è molto più imponente del vicino Albero della Vita, emblema del kitsch ma molto apprezzato dal grande pubblico.
Expo 2015 è stata l’occasione per realizzare un laboratorio sui materiali e sulle tecnologie (come è stato ben raccontato nella mostra al Made Expo), per dare risposte sul tema del riuso e del riciclo delle componenti edilizie, per realizzare architetture temporanee e multiuso. Inevitabilmente prevale anche il tema commerciale e ludico, tipico di un evento popolare.
Italia e Cina hanno realizzato i padiglioni più complessi; il gruppo immobiliare cinese Vanke, l’Azerbaijan e il Food Future District si distinguono per l’investimento sulla tecnologia e per l’uso della multimedialità che sono protagoniste in gran parte dei padiglioni. La Santa Sede meglio di altri ha realizzato un progetto che risponde anche con i contenuti al tema proposto.
Si legga l’articolo integrale di Paola Pierotti e Andrea Nonni sul mensile del CNAPPC L'Architetto di maggio
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