Design for All, Inclusive design, Universal design. Sono tanti i modi che definiscono un approccio progettuale attento all’accessibilità. Ma i principi che lo animano sono sempre gli stessi: inclusione e responsabilità sociale.
Il design per tutti non si basa soltanto sul rendere accessibili ambienti, servizi e prodotti in modo autonomo da parte di persone con esigenze e abilità diverse, ma significa anche – e soprattutto – «saper esplorare la ricchezza e la varietà del genere umano». Lo sa Giulio Ceppi, designer, architetto, docente e ricercatore presso il Politecnico di Milano, che ha fatto del “Design for All” (DfA) la sua cifra. Inizia a progettare nel 1992, a due anni dalla laurea, ma la sua consacrazione nel mondo del design inclusivo arriva nel 2012, quando la sua “Pila termica” per l’area di servizio Villoresi Est, sull’Autostrada Milano-Laghi, ottiene il Premio dei Premi della Presidenza della Repubblica e il premio Dedalo Minosse. Un progetto, il suo, che unisce sostenibilità ambientale – grazie all’impiego di energia geotermica per il condizionamento e il riscaldamento dell’edificio – e architettura universale: «ho immaginato un luogo che potesse offrire servizi per persone con esigenze specifiche, stando attento ai bisogni di ognuno, il che non vuol dire favorire alcune categorie a discapito di altre» ha spiegato Ceppi nel corso del talk “Design for common good” promosso da Dedalo Minosse e dedicato proprio al tema dell’accessibilità.
«Un design attento alla diversità non giova solo al committente, che aggiunge così valore economico e sociale alla propria opera, ma anche al progettista, perché stimola la sua creatività, lo costringe a pensare fuori dagli schemi, e a non trascurare alcun dettaglio» ha detto l’architetto, che nel 2015 ha anche riunito alcuni colleghi in un team di ricerca e comunicazione sull’argomento, con Archidiversity. «Ma creare progetti “per tutti” non significa costruire applicando ciecamente delle regole – sottolinea Ceppi – serve studiare un mix unico che rispetti i canoni dell’inclusività, grazie ad uno studio fatto ad hoc che sia al contempo in grado di dare una risposta sensibile, attenta ed empatica ai bisogni di chi interagirà con questi ambienti. Questo spiega perché tutti i miei interventi sono così profondamente diversi tra loro, per campi di applicazione e tipologia progettuale».
Oggi Ceppi sta lavorando all’accessibilità dell’Adi Design Museum di Milano, di prossima apertura. Nei bagni, ad esempio, l’architetto ha cercato di abbracciare le necessità di ogni categoria e target di visitatori dello spazio museale. Alcuni esempi? I servizi hanno sensori di temperatura della luce artificiale che riportano le stesse condizioni della luce naturale esterna. Il pavimento antiscivolo e gli ulteriori appoggi negli spazi interni della ritirata sono invece pensati per rendere più sicuro e autonomo l’accesso da parte di persone anziane. E ancora, per mamme e papà con bambini verrà allestita una zona specifica, che include fasciatoi per i più piccoli.
Tra le novità di Ceppi c’è anche il progetto dell’Earth 300, una piattaforma galleggiante di nuova generazione che permette di esplorare gli oceani. A bordo ospiterà 160 scienziati, 120 membri dello staff, 20 studenti e 20 ospiti vip, che con la loro presenza contribuiranno a finanziare la ricerca sul climate change. Ceppi ne cura il design: Earth 300, oltre a combinare scienza, intrattenimento ed educazione ambientale, è studiata affinché ognuno – a prescindere dalla categoria di appartenenza – sia in grado di sentirsi a proprio agio e di trovare i propri spazi, ma anche, al contempo, di relazionarsi con gli altri.
Design e accessibilità hanno mille declinazioni. Dall’Italia ad oltre oceano, la creatività è riuscita anche a promuovere l’incontro tra culture. Lo dimostra l'altalena Teeter-Totter Wall al confine tra Messico e Stati Uniti, da poco premiata come miglior design del 2020 con il Beazley Design of the Year, assegnato ogni anno dal Design Museum di Londra per il suo profondo valore simbolico, basato sull'idea di condivisione e fratellanza, oltre le barriere. I due progettisti californiani Ronald Rael e Virginia San Fratello hanno ideato un’installazione temporanea che unisce attraverso il gioco due comunità altrimenti divise da un muro alto più di 6 metri, eretto per scoraggiare l’immigrazione verso il territorio americano.
«Quello che ho capito in questi anni è che non si progetta l’inclusione da soli. Quando sviluppo un’idea non mi circondo solo di specialisti di settore, ma ascolto anche chi impiegherà quell’idea nel suo quotidiano». Ecco che per Giulio Ceppi «il design non è solo libertà, ma anche servizio verso gli altri».
In copertina: Mappa sensoriale, img © Archidiversity
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