Città Europea Cultura 2019, 6 candidate. Intervista a Paolo Verri, direttore Matera2019

Governance confusa, fare squadra intorno ai progetti ambiziosi

di Paola Pierotti | pubblicato: 26/09/2014
"More brain and less brix. Le imprese devono essere innovative nei tempi e nei materiali, non si guadagna più in senso classico e tradizionale. Oltre all’Open Design school stiamo sviluppando progetti formativi legati al restauro, essendo questo il secondo polo in Italia: vogliamo promuovere una diversa cultura del materiale, da quello antico a quello contemporaneo, partire anche da qui per sviluppare un nuovo modo di fare rigenerazione. Ancora, ci sono strutture turistiche di alto livello, tanti altri devono migliorare i loro standard per accogliere cittadini di tutt’Europa e farli sentire abitanti dei Sassi"
Paolo Verri
Governance confusa, fare squadra intorno ai progetti ambiziosi
"More brain and less brix. Le imprese devono essere innovative nei tempi e nei materiali, non si guadagna più in senso classico e tradizionale. Oltre all’Open Design school stiamo sviluppando progetti formativi legati al restauro, essendo questo il secondo polo in Italia: vogliamo promuovere una diversa cultura del materiale, da quello antico a quello contemporaneo, partire anche da qui per sviluppare un nuovo modo di fare rigenerazione. Ancora, ci sono strutture turistiche di alto livello, tanti altri devono migliorare i loro standard per accogliere cittadini di tutt’Europa e farli sentire abitanti dei Sassi"
Paolo Verri

La principale sfida per Matera 2019?
Superare il ‘900 ed entrare nel XXI secolo. La grande sfida è essere una città contemporanea. Bisogna ragionare in chiave europea.

Direttore Verri, qual è l’essenza del vostro progetto di candidatura?
Il progetto si fonda sulla consapevolezza che la Cultura non è un prodotto che qualcuno fa e che qualcun altro consuma, ma sul fatto che la Cultura è ingrediente della vita dei cittadini. Ecco perché in questi due anni li abbiamo coinvolti con un’intensa attività di laboratori di partecipazione. La Cultura è condizione per lo sviluppo urbano: bisogna saper mettere al centro i saperi umanistici e scientifici. Consideriamo quindi i cittadini come abitanti culturali che si fanno responsabili della propria città e dei propri benie e non demandano agli altri la manutenzione dei medesimi. Ecco perché per il successo dell’operazione non possiamo prescindere della partecipazione del pubblico e del privato.

Come si può tenere ad obiettivi alti con risorse economiche limitate?
In assoluto le risorse non sono limitate, ma è confusa la governance: c’è poca voglia di coagularsi intorno ai progetti ambiziosi, è più facile frammentarsi, affermare il punto di vista personale piuttosto che difendere quello collettivo.

Come si traduce questa riflessione in termini di politiche di trasformazioni urbane?
Sistemare e costruire scuole nuove è una sfida interessante che convoglia significativi investimenti dello Stato e può far maturare nuovi modi di intervento, forme di coinvolgimento tra le famiglie, progettualità alternativa da parte delle imprese. Il tema delle scuole è un buon riferimento per descrivere come un progetto possa essere un catalizzatore di risorse e opportunità, e non può essere semplificato e ridotto ad una questione di bandi che qualche impresa di qualità si aggiudicherà. La sfida è nei tempi lunghi, il nostro motto è Festina Lente, affrettiamoci lentamente: velocità operativa senza aspettarsi un risultato domani mattina.

Il piano per Matera 2019 va oltre il perimetro della città, la rigenerazione urbana su quali temi si concentra?
Il progetto di candidatura coinvolge l’intera regione, che include la campagna e arriva al Cilento. Non siamo interessati a costruire nuove porzioni di territorio ma ad esempio a riprendere la sperimentazione messa in atto da Adriano Olivetti che in questa città aveva fatto un borgo concepito come utopia della costruzione agricola. Sperimentazione anche sul fronte della mobilità e delle connessioni, penso alla linea AV Napoli-Bari e al potenziamento della dorsale adriatica, per quanto riguarda il turismo in linea di principio puntiamo sulla mobilità slow.

Quali sono i principali progetti culturali attorno al quale ruota la programmazione culturale di Matera2019?
L’Istituto demoetnoantropologico (I-Dea), luogo in cui arte e scienza si incontreranno a partire dagli archivi condivisi reperiti in regione, in Italia e in Europa; e l’Open Design school che a partire dal 2015 permetterà di creare una nuova generazione di designer con capacità e competenzenecessarie a sviluppare localmente gran parte delle strutture e delle tecnologie indispensabili per realizzare il cartellone di Matera 2019.

Con quali ricadute sulla Regione?
Puntiamo ad essere più belli dell’Alto Adige: abbiamo una regione con 10 mila kmq di parco, dobbiamo riuscire ad eliminare le brutture e ridaremo unità all’intera regione. Per noi rigenerazione significa ripristinare i luoghi belli; creare spazi di scambio tra la città e il passeggero che temporaneamente la abita; lavorare sulla microriqualificazione puntuale in modo tale che chi passa per la Basilicata si renda conto di un paesaggio diverso da quello della Calabria e della Campania. In termini di coinvolgimento, coniugando sviluppo economico e cultura, vogliamo ad esempio anche tornare a far lavorare gli artigiani che sono stati al centro del distretto del mobile imbottito, insieme ai grandi designer internazionali e alle scuole temporanee.

Un imprenditore che vuole investire con quale situazione si deve confrontare?
Ci sono operazioni che dimostrano che al Sud si può riqualificare e si può fare in tempi brevi. Oggi la Basilicata conta 1.800.000 visitatori, e non siamo ancora sul mercato. Matera è la forza trainante per lo sviluppo del sistema regionale. Abbiamo realizzato un sondaggio e presentato un report relativo al coinvolgimento dei cittadini: il 95% degli abitanti della Basilicata sa della candidatura, il 50% è disposto a fare volontariato, il 30% è disposto a ospitare designer e casa propria.

Un suo consiglio per gli operatori interessati alla vostra regione?
More brain and less brix. Le imprese devono essere innovative nei tempi e nei materiali, non si guadagna più in senso classico e tradizionale. Oltre all’Open Design school stiamo sviluppando progetti formativi legati al restauro, essendo questo il secondo polo in Italia: vogliamo promuovere una diversa cultura del materiale, da quello antico a quello contemporaneo, partire anche da qui per sviluppare un nuovo modo di fare rigenerazione. Ancora, ci sono strutture turistiche di alto livello, tanti altri devono migliorare i loro standard per accogliere cittadini di tutt’Europa e farli sentire abitanti dei Sassi.

Dal suo punto perché Matera ce la può fare in questa sfida?
La carta vincente sono i cittadini che ci stanno credendo e che danno a tutti una spinta. Il messaggio è stato condiviso in modo capillare, abbiamo bisogno di questo spirito collettivo e alla fiducia nel potenziale di attrattività. Matera ha sofferto per lo svuotamento dei Sassi, ora si proietta verso il titolo di capitale europea, questo gap secondo noi deve essere riempito con neuroni!

Dalla direzione del Salone del Libro di Torino al più recente incarico come direttore dei contenuti espositivi del Padiglione Italia per Expo 2015, in questo suo viaggio accanto alla città di Matera, quale bagaglio ha acquisito?
Se ce n’era bisogno ho completato un percorso nazionale. A Torino come direttore del Salone del Libro abbiamo fatto squadra per diffondere il tema della lettura, qui a Matera la mia parola d’ordine non è (solo) vincere ma fare progetti duraturi capaci di dimostrare la vitalità del Sud. Nel Mezzogiorno, dati Svimez, si concentrano le forze più fresche del paese e iniziative con potenzialità pazzesca. Le città che si candidano a capitali europee spaziano dalla cultura di massa a iniziative raffinatissime, Matera è una città d’elezione dove mi confronto con l’immensamente grande e l’immensamente piccolo.
 

 

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