Il Rapporto di World Capital, pubblicato in collaborazione con PFK hotelexperts e Confindustria Alberghi stima in 117 miliardi di euro il patrimonio immobiliare alberghiero italiano. Lo studio prende in analisi le strutture ricettive, nel 2019, facendo una mappatura di 266 località italiane.
L’esame ha riguardato nel dettaglio le località di interesse turistico, divise in tre gruppi principali: mare, montagna e città. Per ciascuna è stato identificato il numero di strutture, di camere e il costo immobiliare per stanza. Fra tutte, in ogni categoria, primeggia la Lombardia con un patrimonio complessivo di oltre 33 miliardi di euro.
Ancora una volta emergono le 4 big città italiane nel panorama del settore turistico: Milano, Roma, Venezia e Firenze, che da sole detengono quasi il 78% del capitale totale delle mete turistiche prese in esame. La Capitale da sola vanta un patrimonio immobiliare alberghiero di oltre 12 miliardi di euro.
Per il cluster mare si stima un valore di circa 18,7 miliardi e qui ad emergere è l’Emilia-Romagna con circa il 23% del patrimonio totale, prima in classifica nella top ten per le strutture a 3 stelle. Prima nel settore 4 e 5 stelle la Campania, con quasi 2 miliardi di euro stimati.
Infine la montagna, con un valore stimato di circa 3,7 miliardi. Il maggior contributo arriva dal Trentino Alto Adige che detiene circa il 55% del totale, seguito dal Veneto. Cortina d’Ampezzo è la meta più ambita per la montagna, con una ricettività media per i 4 stelle di sole 49 camere.
Lo scopo dell’analisi è, come racconta Andrea Faini, ceo di World Capital: «fornire una fotografia chiara della ricchezza che ogni area del Bel Paese offre, anche dal punto di vista immobiliare alberghiero. L’analisi ha inoltre l’ambizione di dare un’idea del valore complessivo di un settore che va salvaguardato e di fornire un’indicazione utile sia a chi vuole sviluppare la sua attività nell’ambito dell’ospitalità nel nostro Paese, sia per chi intende diversificare il proprio portafoglio di investimenti, ma anche a chi decide di proporre sul mercato la proprietà alberghiera ad un prezzo coerente. Focalizzandoci sugli investimenti, il Rapporto permette altresì di orientare le ricerche per area, di contestualizzare la struttura oggetto di valutazione, di determinare se puntare su un nuovo sviluppo, piuttosto che sul riposizionamento di una struttura già esistente».
Giorgio Bianchi, Managing Director di PFK hotelexperts commenta a margine della presentazione che «è necessario far capire il peso del mercato dal punto di vista degli asset immobiliari e ribadire il concetto che se l’albergo è chiuso perde valore. In mancanza di aiuti adeguati al settore – con esplicito riferimento alla particolare situazione attuale – il rischio è quello di ridimensionare le stime immobiliari. Non è da sottovalutare l’impatto Covid-19 su queste valutazioni, anche se dipende da mercato a mercato, da struttura a struttura». Ancora «la ricerca fotografa per la prima volta il valore immobiliare del settore alberghiero facendo emergere la rilevanza complessiva di questo patrimonio – sottolinea Maria Carmela Colaiacovo, vicepresidente di Confindustria Alberghi – si tratta però di un outlook che non tiene conto dei possibili cambiamenti in atto sul mercato nei prossimi mesi qualora venisse a mancare, da parte del Governo, un intervento forte, mirato e necessario per salvare l’economia del settore».
Noti i dati dello scorso anno, non resta che vedere cosa succederà adesso che il settore turistico è in ripartenza, dopo l’emergenza sanitaria. Confindustria Alberghi in collaborazione con Assosistema ha rilasciato in questi giorni le risposte a un sondaggio fatto tra i consumatori italiani. E i risultati mostrano positività: il 65,9% degli intervistati ha fiducia che gli alberghi adotteranno tutte le dovute precauzioni anti Covid-19 e complessivamente saranno disposti a pagare una maggiorazione dei prezzi fino all’8,3% in più. La scelta sarà guidata dai sistemi di igienizzazione che gli alberghi adotteranno, soprattutto per biancheria da bagno e lenzuola.
È chiaro che per i primi mesi di riapertura non si parlerà di veri e propri guadagni per le strutture ricettive ma, se si seguiranno tutte le normative, la perdita di fatturato si stabilizzerà a -41% (a fronte del -60% se ciò non dovesse avvenire), consentendo un ritorno ad una situazione pre-Covid entro il 2022.
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