Avanzano i lavori dell’M9, il nuovo polo culturale di Mestre firmato dallo studio berlinese Sauerbruch Hutton. Frutto del concorso internazionale aggiudicato nel 2010, l’opera nata per volontà della Fondazione di Venezia sarà consegnata nel 2017 e inaugurata nel 2018 (con due anni di ritardo rispetto alle previsioni). Intanto, nei giorni scorsi, sono stati ultimati e svelati i lavori di restauro della facciata dell’ex distretto militare di via Poerio (ex Caserma Matter), quella dell’ex convento vicino alla chiesa di Santa Maria delle Grazie.
Il restauro rientra nell’opera di salvaguardia e valorizzazione di uno spazio storico e nevralgico della città di Mestre. “Questa operazione – spiegano dalla Fondazione - seguita dall’architetto Francesco Magnani, nominato dallo studio tedesco come responsabile dei rapporti con la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per il Comune di Venezia e laguna, contribuisce a restituire valore storico e urbanistico alla facciata che nel corso degli anni era stata sottoposta a interventi di manutenzione poco conformi allo stato originale dell’immobile”.
Il progetto dell’M9 si articola in due strutture: un blocco di nuova costruzione e la valorizzazione del vecchio Convento delle Grazie, che sarà il nuovo cuore del distretto cittadino. “Le architetture disegnate da Louisa Hutton e Matthias Sauerbruch avranno un’immagine contemporanea - ha spiegato Gianpaolo Fortunati, Presidente di Polymnia Venezia, società strumentale di Fondazione di Venezia che sovrintende la realizzazione del progetto - mentre l’intervento sul convento cinquecentesco è fortemente legato alla struttura dell’edificio storico e al suo uso futuro”. La qualità del progetto e del processo porterà anche a conseguire la certificazione LEED Gold.
Per quanto riguarda la parte di nuova costruzione, “dopo il completamento degli scavi di fondazione e la realizzazione dell’impianto geotermico costituito da 60 sonde a 110 metri di profondità, il cantiere – spiegano dalla Fondazione - ha iniziato a salire in modo evidente dalla scorsa primavera, arrivando a completare nel mese di novembre il solaio del secondo piano”. Due piani, di oltre 1.300 metri quadri ciascuno, ospiteranno le aree espositive permanenti del museo dedicate al racconto delle trasformazioni che hanno interessato l’Italia nel corso del Novecento. Un ampio seminterrato sarà destinato a parcheggio e magazzino, al piano terra invece si troveranno ristoranti e spazi aperti al pubblico.
La dinamicità della policromia, le nuove forme e un forte dialogo con l’ambiente circostante sono gli elementi che caratterizzano le opere dello studio Sauerbruch Hutton e che si concretizzano anche nel polo M9, il complesso multipiano di 9.200 metri quadri di superficie, frutto di un investimento di circa 110 milioni di euro.
Oltre ad essere un polo culturale di nuova concezione, M9 si pone come il catalizzatore del processo di rigenerazione urbana di Mestre. “Si potrà visitare M9 per le mostre ospitate - ha dichiarato Fabio Achilli, Direttore della Fondazione di Venezia - per l’innovativa esposizione permanente, per le attività culturali, ma anche per le opportunità di intrattenimento. M9 segnerà davvero un importante cambiamento per l’architettura urbana e sociale di Mestre”.
M9 è stato presentato da Louise Hutton nei giorni scorsi anche a Roma al museo Maxxi. Sarà la seconda opera in Italia (dopo il complesso per uffici nell’area Macciacchini a Milano) per lo studio fondato nel 1989 a Londra, e poi spostato in Germania dal 1995, dopo la vittoria del concorso per l’ampliamento dell’edificio del gruppo immobiliare Gsw a Berlino. L’headquarter dell’azienda Gsw ha segnato infatti l’avvio della carriera del team che via via si è affermato sulla scena internazionale.
Retrofitting e ampliamento per la Sede Gsw. La struttura originaria degli anni ’50 era stata pensata per rappresentare l’idea ottimistica del futuro della città, e lo studio tedesco con l’incarico di rigenerazione ha optato per la conservazione del blocco originario dell’edificio, in alternativa alla demolizione. Da 10mila a 40mila mq, l’ampliamento della torre ha richiesto sette anni di lavori per realizzare nuovi volumi e riqualificare energeticamente l’esistente. Lo sviluppo di un innovativo sistema di areazione e l’installazione di materiali termoisolanti hanno permesso una riduzione dei consumi del 45% rispetto ai livelli precedenti. Inconfondibile l’uso del colore: “con l’inserimento delle serrande colorate - ha spiegato Louise Hutton - l’edificio è diventato un dipinto dinamico. Si può apprezzare la vitalità attraverso gli scuri, il nostro sforzo in questo caso è stato quello di realizzare qualcosa di sostenibile, ma anche di bello”.
Nel 2005 lo studio è stato impegnato per la riqualificazione dell’edificio dell’Agenzia Federale dell’Ambiente a Dessau. “La costruzione, lunga 400 metri, ha una forma che ricorda uno spaghetto arrotolato e che fa si che il visitatore non riesca a percepirlo come un edificio unico” ha raccontato Hutton. Vetro e legno sono i materiali che rivestono la struttura, declinati cromaticamente a seconda del contesto su cui si affacciano: il lato che confina con il parco presenta sulla parete vetri e dettagli verdi, mentre la parte che guarda alla vecchia zona industriale ha un colore che tende al mattone. “Considerando il committente – ha ribadito l’architetto - abbiamo deciso di scegliere dei materiali che rendessero subito l’idea di un edificio sostenibile”.
Gioca sulla percezione visiva anche il lavoro eseguito a Monaco per la sede della Munich Re, compagnia assicurativa tedesca. Lo studio è stato chiamato a cambiare la facciata bronzea del vecchio edificio di quasi 50mila mq, mantenendo però la struttura ed eseguendo simultaneamente un’operazione di retrofit energetico. Si è quindi deciso di strutturare sul vecchio involucro un’altra facciata realizzata con elementi di colori diversi affiancati - che variano il loro spessore (dai 12 ai 25 cm) - dando alla parete una forma convessa che fa percepire all’osservatore alternativamente un lato o l’altro dei pannelli.
“Siamo architetti non artisti - ha concluso Louise Hutton in occasione del suo intervento al museo Maxxi - ma la nostra arte è integrata nel progetto. Utilizziamo il colore in maniera attiva per ricordare al pubblico che siamo carne e ossa, che siamo vivi, e che le nostre percezioni possono sorprenderci”.
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