Gli architetti bocciano la soluzione delle formule aritmetiche per selezionare i progetti su cui lo Stato conta di investire 500milioni per la rigenerazione delle periferie. L’Anci suggerisce al Governo di proseguire sulla linea dei parametri oggettivi per scegliere gli interventi prioritari. Legambiente rilancia e invita ad investire sul progetto piuttosto che sulla presa in consegna di iniziative già pronte nei cassetti, da rispolverare. C’è fermento ed è aperto il dibattito su come affrontare concretamente il tema della rigenerazione urbana. Entro la fine di gennaio dovrebbe essere pubblicato il bando per la riqualificazione delle periferie come previsto dalla Legge di Stabilità che predispone per il 2016 un “Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia” (974-976), e in attesa di una linea di indirizzo puntuale anche Ance e Confcooperative condividono con PPAN le loro riflessioni sul tema. “Lo Stato spende malissimo le risorse destinate allo sviluppo urbano: considerando le recenti iniziative rivolte ai Comuni e frutto del coinvolgimento di Renzo Piano sono già stati investiti 700 milioni, sempre a pioggia. Nel primo caso – spiega Filippo Delle Piane, vicepresidente Ance con delega al Territorio – si sono accaparrate risorse per rianimare progetti pronti - e se erano rimasti congelati, forse non erano i migliori -, nel secondo caso si è trattato di un piano di comunicazione con esercizi di stile”.
Negli ultimi anni l’Associazione Nazionale dei Costruttori è entrata in campo sempre più attivamente sulle questioni legate alla rigenerazione urbana e al recupero dell’esistente. “Oggi le imprese non hanno le risorse per portare avanti progetti di vasta scala – continua Delle Piane – ma potrebbero intervenire con operazioni di agopuntura urbana e sostituzione edilizia: con ricadute certe e positive sulla cittadinanza, esempi per lo Stato a costo zero”. I limiti? “Al momento le regole non incentivano questo processo. Capita troppo spesso che la ristrutturazione consenta strade più comode; per la demolizione e ricostruzione – continua il vicepresidente genovese – si chiedono oneri che non dovrebbero essere chiesti, nonostante sia ormai condiviso che con la sostituzione si realizzano edifici in classe A o B, con un vantaggio totale e assoluto”.
Attraverso la voce di Delle Piane, l’Ance chiede quindi “strumenti efficaci per poter lavorare in prima linea con progetti di agopuntura urbana”; suggerisce allo Stato di investire sulle grandi operazioni “in partnership con operatori mutualistici (a titolo di esempio Inps, Inail e casse di previdenza) per far ridecollare il mercato”; invita ancora a prestare “attenzione ai criteri di progettazione e gestione, per cambiare passo rispetto a quanto fatto negli ultimi anni”.
Per individuare una strategia condivisa e corretta “bisogna partire dalla valutazione critica dell’inefficienza degli strumenti precedenti. Negli ultimi anni ci sono stati interventi che non hanno portato ad un risultato, anche in termini di procedure, e non ha senso replicarli”. Alessandro Maggioni, presidente di Federabitazione-Confcooperative commenta così la situazione ricordando i piani Città e Seimila Campanili. “Non ho visto riscontri, invece – aggiunge Maggioni – servirebbero procedure che possono diventare sedimento ed essere replicabili come buone pratiche”. Confcooperative concorda con Ance e Architetti: “Bisogna finirla con la logica dei contributi distribuiti a pioggia. La politica – aggiunge Maggioni – deve tornare a dare indirizzi, lo Stato dovrebbe scegliere di scommettere su 3-5 progetti importanti, individuati in contesti urbani degradati, modelli processuali e procedurali per creare una buona prassi”. Maggioni suggerisce quindi che “si dovrebbe creare una sorta di zona franca dove si sperimenta un processo sulla filiera complessiva, dalla bonifica alla realizzazione di piccole infrastrutture, con attenzione al disegno urbano prima di pensare residenze e servizi, sempre investendo sui concorsi per garantire la qualità progettuale”. Al pubblico si chiede quindi di tornare ad essere in regia, scegliendo in quali aree strategiche lavorare a livello nazionale, investendo sulla progettazione e sapendo valutare dove e come sperimentare. “Le risorse pubbliche – ribadisce Maggioni – non sarebbero a fondo perso, ma un’anticipazione per i privati che interverranno a seguire”.
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