“Sono un amministratore delegato ma di mestiere vorrei fare l’alpinista. E così nel mio lavoro quotidiano mi comporto come se fossi in montagna: quando fai l’alpinista non puoi bleffare, sai che se cadi ti puoi fare male; mi piace passare in quella via dove nessuno è passato; e ancora l’alpinismo mi piace con gli amici: anche nel lavoro devi avere fiducia nelle persone e sapere su chi puoi contare”. Così Alberto Piantoni, amministratore delegato di Missoni spa dal 2011 racconta come affronta il suo mestiere a difesa e promozione del Made in Italy.
Piantoni è laureato in economia politica, ha iniziato a lavorare ad Ivrea per la Olivetti e a 24 anni è rientrato nel suo territorio, quello bresciano, per lavorare per un’azienda di famiglia: la Rondine Italia spa. “Mia madre mi convinse a rientrare vicino a casa, c’era una fabbrichetta dello zio dove avrei potuto lavorare” racconta Piantoni.
“Nell’84 ho iniziato a lavorare per questa azienda che produceva pentole – spiega – e fin dall’inizio mi sono chiesto come avremo potuto andare avanti per anni, considerando la concorrenza di aziende del settore molto più grandi: abbiamo deciso di comprare un marchio, quello della Bialetti”. Piantoni da qui ha iniziato un nuovo viaggio, confrontandosi quotidianamente con i valori della marca: è stato amministratore delegato della Bialetti, di Richard Ginori dal 2008 al 2010 e ora di Missoni spa.
La caffettiera è un simbolo dell’Italia, la fabbrica e il lavoro raccontano dell’orgoglio di un prodotto. “Mediamente si contavano 2,4 caffettiere per ogni famiglia nel nostro paese”.
Piantoni lascia la Bialetti dopo la sua quotazione in Borsa e tenta una nuova avventura nel mondo Richard Ginori. “Come in Bialetti anche qui abbiamo lavorato investendo sempre sul capitale delle persone, sui giovani. Con Paola Navona – racconta – abbiamo coinvolto un gruppo di designer giovanissimi. Con la creatività abbiamo risolto molti temi anche commerciali. Un esempio? L’azienda scartava il 30% del prodotto per imperfezioni, ecco allora che Navona si è inventata la “pennellata di colore” che copriva il dettaglio che portava allo scarto. Abbiamo ridotto il numero degli scarti e realizzato un secondo prodotto commerciabile”.
Per Piantoni il territorio e la stratificazione della sensibilità per uno specifico settore (i distretti) sono una ricchezza italiana su cui puntare. E ancora “oggi in Italia bisogna competere solo alzando l’asticella, all’estero ci invidiano la qualità della vita, la bellezza di cui potenzialmente siamo bombardati. L’Italia è un branding aspirazionale che dobbiamo valorizzare e trasmettere. Dato il nostro dna – dice Piantoni – bisogna guardare alle produzioni di nicchia, alla qualità e non alla quantità, diversamente cambierebbero logiche come il costo del lavoro dove l’Italia non è competitiva”.
Il gusto per il bello, l’artigianalità, l’integrazione con il territorio, la valorizzazione dei giovani sono questi gli elementi che hanno legato la famiglia Missoni con Piantoni. “Nel confronto con i grandi della moda, quelli che ostentano i muscoli, noi ci comportiamo da pirati. È nel dna della famiglia Missoni. E perché arruolarsi in marina quando puoi essere pirata?” sorride Piantoni. “Qui ho scoperto l’amore per l’arte, i riferimenti dell’azienda sono le Avanguardie futuristiche. Lo stabilimento che conta 300 persone si trova in mezzo ad un bosco. Lavoriamo molto sulle nuove forme di comunicazione: oggi ad esempio sono i blogger che ci danno un ritorno di immagine importante che indirizzano la rete verso dei valori o dei marchi”. Per proiettarsi nel futuro Piantoni pensa “servano nuovi artigiani che sanno fare pezzi unici; esploratori di marche, architetti, designer: non serve inventare una professione ma avere nuovi occhi; servono nuovi mercanti capaci di fare i conti con il web; e ancora servono narratori: nella moda la comunicazione vale per il 50%”
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