Dati, informazioni, strumenti, le nostre città sono fatte di infrastrutture informatiche e di sovrastrutture digitali. Siamo schiavi o abbiamo trovato nuove libertà, in questo rinnovato modo di vivere? Quali mutamenti generano le piattaforme digitali nella nostra vita? Dall’abitare al lavorare, dallo studiare fino al curarsi, dal tempo libero alla cultura, la pandemia ha messo in evidenza quanto forte sia diventata la nostra dipendenza dalle tecnologie nella vita quotidiana e quanto profondamente l’utilizzo di piattaforme modifichi l’ambiente che ci circonda.
Il cardine, del padiglione austriaco alla Biennale di Architettura 2021 di Venezia, è proprio questo: analizzare il fenomeno del platform urbanism. Plataform Austria è stata pensata dai due curatori, Peter Mörtenböck e Helge Mooshammer, come uno studio che stimola a confrontarci con questi cambiamenti. È intesa come una piattaforma di discussione attiva per affrontare la problematica del futuro della città e della sua architettura. Vecchi ordinamenti e strutture, e con essi anche l’organizzazione tradizionale delle città, sono progressivamente incalzati dalle piattaforme.
Insomma, le piattaforme, per le nostre città sono tanto interessanti sia come risorsa che come mercato. Il crescente proliferare di tecnologie della trasmissione dati e l’incremento delle applicazioni, che promettono l’utilizzo di questi dati, hanno fondamentalmente cambiato gli obiettivi dello sviluppo urbano. È ora la vita urbana stessa ad essere individuata come meccanismo decisivo per la crescita economica e la capitalizzazione. Anche le grandi aziende oggi sono basate su questi strumenti ed estendono i propri modelli di business, impegnandosi visibilmente nello sviluppo delle città, per progettare le infrastrutture e i servizi in modo che possano fornire il miglior materiale di dati possibile.
Come l’interazione di reti digitali, persone e spazio urbano incidono sugli ambienti abitativi e lavorativi? Il loro radicamento nella quotidianità urbana offre una buona visione di come si sta orientando la nuova architettura della collettività. Nel 2019 è stato avviato un dibattito in progress con oltre 100 persone di discipline e paesi diversi, in attesa di poter accogliere come ospiti del Padiglione austriaco della Biennale, in origine programmata per il 2020, dozzine di esperti teorici e teoriche, architetti e architette, artisti e artiste da tutto il mondo. Per l’iniziativa “Bloggers in residence” erano stati programmati dibattiti dal vivo a cadenza settimanale. L’obiettivo del confronto era costituire un vasto repertorio di espressioni di platform urbanism e di raccomandazioni rilevanti per la pratica architettonica. A causa della pandemia è stato necessario adattare le modalità di svolgimento di questo progetto. Infatti, dai rispettivi luoghi di residenza e di lavoro le esperte e gli esperti invitati hanno stilato da settembre 2020 a marzo 2021 centinaia di contributi sul blog di platform urbanism (www.platform-austria.org) e sono visibili nell’installazione multimediale del Padiglione austriaco. Tutti i contributi sono stati inoltre pubblicati in una sostanziosa pubblicazione “Platform Urbanism and Its Discontents”.
«La regia del contributo austriaco per la 17. Mostra internazionale di Architettura 2020 è stata affidata per la prima volta tramite un concorso progettuale in tre fasi», racconta il segretario di Stato per l’Arte e la Cultura, Andrea Mayer. «Platform Austria rimanda non soltanto al dibattito critico sugli sviluppi contemporanei e i loro molteplici esiti, ma anche a possibilità di progettazione, di efficacia per il futuro. I curatori parlano di disruptive power del platform urbanism, di una nuova cultura da piattaforma, di gruppi globali basati su piattaforme e del passaggio di potere, del cambio di valori collegato alla diffusione delle tecnologie basate su piattaforme. Parallelamente si apre anche un discorso ampio e continuo sul potenziale per il futuro. Il Padiglione austriaco diviene così uno spazio di confronto sulle potenzialità dell’architettura trasformandosi esso stesso in una piattaforma per la durata della mostra», conclude la Mayer.
«Airbnb, Uber, WeWork o Amazon permeano in sempre più ambiti della nostra vita, iniziando a dissolvere i vecchi ordinamenti. L’architettura è doppiamente coinvolta in questa evoluzione. Da un lato, perché con la dislocazione delle interazioni umane sulle piattaforme digitali decade il ruolo dominante dello spazio architettonico nella strutturazione delle società; dall’altro perché i potenziali comunicativi, logistici e operativi sono collegati a nuove estetiche che modificano radicalmente la concezione dell’architettura. Ci siamo chiesti su cosa debba vertere il dibattito architettonico attuale. Edifici contemporanei, portfolio di architetti e architette, programmi di scuole di architettura o installazioni nello spazio che possano interpretare artisticamente tematiche attuali e visioni per il futuro?», si domandano i curatori che hanno invitato oltre 50 esperti ed esperte nazionali e internazionali a comporre dei contributi visivi e testuali, brevi video e podcast che vengono presentati nel padiglione austriaco e sulla pagina web. L’interrogativo che si sono posti riguarda: oltre allo shopping online, gig-work e app d’incontri, possiamo realizzare con le piattaforme digitali una vita urbana più giusta?
In copertina: immagini tratte da artphalanx.at
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