Dopo anni di incertezza per il Museo Macro di Roma, inaugurato nel 2002, il Comune, con la supervisione di Luca Bergamo, vicesindaco con delega alla Crescita Culturale, ha chiuso l’anno presentando il nuovo direttore artistico e la sua proposta progettuale che prenderà vita solo dall’autunno del 2018. Budget a disposizione: 800mila euro per mettere in scena un format sperimentale, fruibile dal pubblico per 15 mesi.
Il Macro di Roma prova a riscaldare i motori con la presentazione del nuovo direttore artistico Giorgio de Finis, che è antropologo, artista, regista e sarà nei prossimi anni la figura di riferimento del polo museale romano, da anni senza una guida. L'annuncio del Campidoglio è stato fatto nella sede di via Nizza, presentando il piano “Macro Asilo”, illustrato anche alla presenza di Eleonora Guadagno, presidente della Commissione Cultura, dell’artista Michelangelo Pistoletto, del direttore generale dell’azienda speciale Palaexpo Fabio Merosi, della direttrice della Galleria Nazionale Cristiana Collu, del direttore del Maxxi Arte Bartolomeo Pietromarchi, oltre a quella del vicesindaco e dello stesso neo-direttore.
Il nuovo Macro si rianimerà nel 2018 con una mostra sui Pink Floyd da gennaio a giugno, mentre si dovrà attendere il mese di ottobre per il progetto Macro Asilo, sviluppato nelle scorse settimane per rivoluzionare "e aprire in maniera democratica" il nuovo hub a tutta la cittadinanza, come è stato descritto dallo stesso de Finis. Il piano prevede la temporanea sospensione delle mostre per valorizzare la collezione esistente e dare spazio alle creazioni che verranno realizzate da tutti gli artisti contemporanei, in particolare quelli romani.
Per incentivare la partecipazione di tutti l’ingresso sarà gratuito. Un “museo ospitale, residenziale, dove stare più che visitare. Un sistema culturale che intende proporre un modo diverso di vivere lo spazio, dove produrre opere oltre che semplicemente metterle in esposizione – hanno spiegato dal Macro – un luogo dove avviare un incontro tra gli artisti e la città, l’arte e la società”.
Il concept di Macro Asilo non nasce dal nulla ma sarà la trasposizione del Maam, il Museo dell’Altro e dell’Altrove di Metropoliz, creato all’interno di un ex stabilimento del salumificio Fiorucci al civico 913 di via Prenestina, in piena periferia est di Roma, occupato dal 2009 e di proprietà della Srl Salini. Un’esperienza che ha avuto inizio nel 2012 sotto la spinta dello stesso de Finis e del film maker Fabrizio Boni, uno spazio che nel giro di pochi anni è diventato un museo di street art che attraverso i disegni dei vari artisti ha ripercorso la storia dello stabilimento e di quelle che erano le sue attività, dalla macellazione dei maiali alla produzione finale, ma anche di tematiche attuali come l’immigrazione.
Il Comune di Roma sposa quindi l’idea di un modello che rilancia la cultura dal basso, per provare a far decollare il Museo comunale d’arte contemporanea. Uno spazio “occupato” dai cittadini, permeabile, di integrazione fra diversi abitanti della città, dove tutti possono entrare e dove l’arte sarà alla portata di tutti. “Il palinsesto cambierà quotidianamente – ha spiegato de Finis –. Stiamo provando a immaginare anche una web tv e una web radio, ma ancora non abbiamo definito i dettagli”.
La notizia del neo-curatore e del suo progetto, sostenuti dall’assessore Luca Bergamo, non sono passati inosservati: non c’è stato un concorso o una selezione competitiva per scegliere il direttore, i tempi per il decollo del progetto sono stati lunghi, i critici lamentano l’ampia apertura dell'iniziativa, che non prevede una scelta critica qualitativa da parte del curatore responsabile.
Novità intanto anche per quanto riguarda il Macro Testaccio, l’altra anima del museo nell’ex mattatoio a pochi passi da Piramide, che non verrà coinvolto nel piano di de Finis. “Non si chiamerà più così nei prossimi anni – ha dichiarato Bergamo –, stiamo lavorando per rendere autonomi i due spazi e per far rientrare l’istituzione di Testaccio sotto il cappello di un più ampio progetto destinato a rifunzionalizzare tutto lo stabile oggi utilizzato anche dall’Università di Roma Tre”.
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