E se quella ‘idea di ponte’ fosse stata proposta e regalata a Genova da un Giovanni Pasqualotto, sconosciuto architetto del Molise piuttosto che da Renzo Piano? Probabilmente, in un Paese come l’Italia, la proposta dell’architetto Pasqualotto fatta a seguito del crollo del ponte ‘Morandi’ a Genova sarebbe stata cestinata a dir poco e l’autore, se non proprio radiato dall’Ordine, sarebbe stato massacrato dai suoi colleghi architetti, indipendentemente dal valore e dalla qualità o meno della sua proposta.
La proposta ‘ufficiale’, sebbene non sollecitata, è stata fatta da Renzo Piano, architetto genovese e senatore a vita per chiara fama, che, addolorato per questa tragedia, ha sentito forte il bisogno di ‘rendersi utile’ alla sua città senza alcun compenso professionale. Date le circostanze non c’è nessun motivo per non credere alla genuinità delle sue intenzioni. Anzi, ci sarebbe da gioire se più illustri italiani facessero altrettanto ad un certo punto della loro vita e carriera.
Di certo questo senso civico nel passato ha contribuito ad abbellire e migliorare l’Italia. Uno per tutti, viene alla mente il gesto del nostro immenso Giuseppe Verdi che ‘nel 1888 aveva fatto realizzare non lontano dalla sua tenuta un ospedale attrezzato per la popolazione locale’ e nel 1899 costruì, ancora una volta a spese proprie, ‘una casa di riposo per cantanti e musicisti che si trovassero in condizioni disagiate’. Quest’ultima, costruita e mantenuta con i proventi dei diritti delle sue opere si trova a Milano e ‘venne eretta in stile neogotico dall'architetto Camillo Boito, fratello del celebre musicista Arrigo, amico del Maestro. Nella cripta annessa alla Casa riposano lo stesso Verdi e la seconda moglie Giuseppina Strepponi’. Di questa iniziativa il Maestro disse: ‘delle mie opere, quella che mi piace di più è la Casa che ho fatto costruire a Milano per accogliervi i vecchi artisti di canto non favoriti dalla fortuna’. Oggi la Fondazione ‘Casa Verdi’ accoglie gratuitamente anche giovani studenti di musica che siano meritevoli e bisognosi.
Come Verdi, nel corso degli anni altri italiani hanno sentito il bisogno di ridare qualcosa al Paese che in qualche modo, con le sue bellezze e contraddizioni, li aiutò a crescere e distinguersi nel mondo. E come nel caso di Verdi, il suggerimento di Renzo Piano per ricostruire il ponte sul Polcevera dovrebbe essere visto come un gesto filantropico in linea con altri da lui già fatti per la sua città, gesto che va apprezzato e incoraggiato, dato che oltre all’attraversamento del Polcevera c’è tutta quella zona da risistemare in modo appropriato urbanisticamente ed architettonicamente, materie su cui Piano eccelle.
L’idea di ponte mostrata sui giornali e in TV, è stata accolta molto favorevolmente dalle autorità locali mentre allo stesso tempo sembra sia molto criticata dagli architetti italiani. Vengono anche mosse critiche sull’apparente ‘banalità’ della proposta, senza tener conto che si tratta di un diagramma da sviluppare ed organizzare entro parametri da definire attraverso concorsi da lui stesso suggeriti.
A parte considerazioni generali di etica e consuetudine professionale, è manifesto il rammarico che ne deriverebbe se l’ardito ponte di Morandi, che aveva l’ambizione di perseguire una soluzione olistica che fosse simbiosi perfetta tra architettura e ingegneria, fosse sostituito da un normale viadotto, tipico delle Ferrovie, come ce ne sono tanti. In questo caso, nonostante la simbolica illuminazione, sarebbe difficile farne architettura. Di ingegneria poi ci sarebbe ben poco se non routine. Un indiscusso vantaggio però sarebbe che qualunque modesta impresa italiana di ingegneria civile potrebbe prefabbricarlo e metterlo in opera in breve tempo. Questi brevi commenti hanno spinto molti sui social a chiedersi cosa sia successo alla invenzione e ricerca che Piano ha generalmente mostrato nei suoi lavori.
Non c’è dubbio che Piano sia di gran lunga il migliore architetto che l’Italia abbia avuto da un gran lungo tempo. Ma forse l’Italia in questo periodo ha bisogno di una architettura dell’ovvio.
Di per sé l’ovvio stesso non è necessariamente banale e se fatto bene potrebbe anche avere caratteri innovativi. Molte sono le virtù dell’ovvio: ha il vantaggio di essere capito da tutti, è facile da costruire a costi contenuti e soprattutto può essere completato in poco tempo, appunto perchè è ovvio. Tutte caratteristiche non da poco.
È di primaria importanza rendersi conto che sono necessarie soluzioni veloci e sicure da formulare ed attuare in tempi brevi. Allo stesso tempo, nonostante il peso umano di questo disastro, bisogna tener presente la dura realtà del nostro Paese, in cui le opere pubbliche importanti, tra infinite ‘conferenze di servizio’ e frequenti cambi di umori politici hanno un percorso di completamento di 20-30 anni nel migliore dei casi, se non di più. Sarebbe facile compilare una lunga lista di progetti urgenti mai realizzati, o lasciati incompleti o completati dopo tempi lunghissimi.
Di fronte ad uno scenario pieno di ostacoli procedurali e frequenti instabilità governative locali e nazionali, forse il messaggio più importante nella proposta di Renzo Piano potrebbe essere quello che in Italia in questo periodo è più opportuno muoversi su soluzioni progettuali ‘ovvie’ in quanto hanno maggiori probabilità di essere completate in tempi relativamente brevi. Soluzioni del tipo Morandi rischierebbero oggi di non essere finite o di essere completate in tempi biblici e stravolte durante il loro percorso a causa di approvazioni varie e revisioni infinite.
L’augurio di tutti è che almeno le soluzioni ‘ovvie’ possano essere adottate e realizzate in tempi brevi, magari con l’aiuto di leggi speciali al fine di allievare le notevoli difficoltà in cui versa Genova.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Tag: