Moreno Maggi è uno dei più conosciuti fotografi di architettura in Italia. Ha iniziato la sua attività a New York come assistente di affermati fotografi di architettura tra cui Paul Warchol, Elliot Fine e James D’Addio. Ha frequentato corsi al Fashion Institute of Design e dopo pochi anni ha iniziato l’attività in proprio. Dopo una decina d’anni di impegno nella fotografia Moreno Maggi è tornato in Italia e dal 1995 collabora con noti studi di architettura come Massimiliano Fuksas, Renzo Piano, ABDR, Paolo Portoghesi, Zaha Hadid scattando per loro in Italia e all’estero.
Ha pubblicato sulle più note riviste di architettura italiane e straniere e collabora con università italiane e associazioni collegate all’ architettura tenendo seminari su architettura e fotografia. Fa ricerca personale sull’architettura storica e tra le sue ultime produzioni c’è tutta l’opera di Adalberto Libera in bianconero).
Maggi investe nella promozione della sinergia tra fotografia e comunicazione “cercando di sensibilizzare architetti e fotografi sulla necessità di affinare il rapporto tra le due figure, al fine di coordinare il progetto di comunicazione per renderlo più efficace e veritiero partendo dal presupposto che l’architettura costruita è essenzialmente conosciuta attraverso le immagini che i fotografi realizzano” spiega Moreno Maggi. Ultimamente si è occupato del rapporto che esiste tra architettura e altre arti come la letteratura: sul tema ha sviluppato il progetto ‘’Le città invisibili’’ sulla falsariga di Italo Calvino).
Il fotografo romano inaugura la rubrica di PPAN dedicata alla fotografia con il progetto ‘’Scale’’, prefiggendosi lo scopo di illustrare i vari modi in cui è ed è stato interpretato il tema dello scendere e salire (quasi un’allegoria della vita…) da architetti noti, meno noti e sconosciuti. “La mia passione per la fotografia di architettura – spiega Moreno Maggi - nasce dal fatto che l’ architettura parla con un linguaggio che usa una grammatica fatta di forme, colori, rapporti tra vuoto e pieno, contrasti di luce e di volumi in un assoluto silenzio. E che tutto questo necessita di essere interpretato (quasi tradotto) in immagini per potergli dare voce. In questo processo, che presuppone umiltà per comprendere, studio per conoscere, tempo per ascoltare e tecnica per realizzare sta il fascino del mio lavoro”.
APPROFONDIMENTO / Viaggio di Moreno Maggi nel cantiere di Tor Vergata a Roma
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