Non solo i luoghi delle città, ma anche le esigenze di chi le abita. Un evento per tutti, da nord a sud lungo lo stivale per un viaggio che durerà un mese, un tour nell’architettura italiana. Settecento luoghi aperti per un percorso di consapevolezza e di cittadinanza, segnando il passo di un’architettura che diventa linguaggio per tutti. “Closer not closed”, nasce la rete Open House Italia. A partire dal 18 settembre e fino al 10 ottobre per quattro weekend consecutivi Torino, Milano, Roma, Napoli scenderanno in campo insieme per un’edizione speciale di Open House, l’evento che aprirà gratuitamente al pubblico siti e percorsi per tornare ad osservare da vicino, conoscere e celebrare un patrimonio architettonico eterogeneo, multiforme e in continua trasformazione, tra i più rilevanti al mondo.
Come affermato in conferenza dai direttori delle quattro edizioni dopo la fase di sperimentazione che ha caratterizzato l’edizione dello scorso anno realizzata dalle sole Milano e Napoli, Open House 2021 nasce dal desiderio comune delle quattro metropoli di dare un segnale forte e propositivo di riapertura nel segno della condivisione e della conoscenza che costituiscono da sempre la filosofia dell’iniziativa. Nell’eterno dibattito sulle città, “toccate” dalla pandemia, questa sarà un’occasione straordinaria per stimolare l’esplorazione dei centri urbani e confermare quanto lo spazio metropolitano sia il miglior luogo deputato allo scambio, confronto e partecipazione per le comunità e i cittadini che quotidianamente le abitano.
Ogni città svolgerà il suo evento in una staffetta che partirà con Torino nel fine settimana del 18 e 19 settembre, seguita da Milano il 25 e 26 settembre, Roma il 2 e 3 ottobre e, in chiusura, Napoli nel weekend del 9 e 10 ottobre. Open House Italia si arricchisce, inoltre, dell’inedito progetto editoriale “Trame Urbane” che vedrà protagonisti autrici e autori italiani - tra scrittura, regia e fotografia - che accompagneranno i fruitori in una narrazione autobiografica ed evocativa, sullo sfondo della loro ricerca artistica, attraverso i luoghi a loro più cari o significativi. Il regista Marco Ponti ci racconterà Torino, lo scrittore Marco Missiroli svelerà la sua Milano, il fotografo Francesco Zizola rivelerà il suo sguardo su Roma e con la scrittrice Valeria Parrella scopriremo un inedito skyline di Napoli.
«Un piccolo esercizio di cittadinanza, perché chi conosce i luoghi della propria città, ne ha più tutela, rispetto, cura. Un esercizio di appartenenza, dunque», spiega Stefano Fedele, che insieme a Alessandra Thomas, è il direttore di Open House Napoli. «Si diventa, così, familiari di un luogo, si costruisce un rapporto autentico con la propria città. Non una celebrazione dell’architettura, ma una celebrazione del nostro rapporto con il costruito. Una sorta di stupore del quotidiano. A Napoli c’è una trama ancora da costruire perché la cartolina turistica non sia più solo il Vesuvio alle spalle e il suo golfo», racconta Fedele. Un’iniziativa che spera anche di porre l’attenzione giusta alla fragilità del patrimonio italiano. «Già pensiamo, per esempio, anche a un futuro nell’editoria con pubblicazioni che raccontino la rete sensazionale di architetture “non famose” delle nostre città», spiega Davide Paterna di Open House Roma. «Roma è strabordante, è piena di riferimenti, ma quello che è interessante in questa nona edizione della rassegna, è che si cerca il battito urbano, si scoprono gli spazi abbandonati che hanno per troppo tempo interrotto le relazioni con i luoghi della modernità, di questa città. Infatti, dal razionalismo scultoreo dell'Eur, al liberty di Villa Blanc, dal raffinato brutalismo del Convento San Tommaso d'Aquino, fino alla rinascita creativa delle aree ex industriali, i percorsi urbani attraverseranno aree interstiziali e complessi residenziali, restituendoci il valore di quella progettazione a “fattore sociale” che la pandemia ci ha fatto riscoprire, rendendo il giusto merito ad architetti come Libera, Ridolfi e Sabbatini. Uno dei miei luoghi preferiti, per esempio, è l’Accademia di Danimarca, un “luogo fuori luogo”», conclude Paterna.
A Torino, la manifestazione è nata nel 2017 e ha sorpreso per i suoi numeri: nella prima edizione ha ottenuto il migliore esordio di sempre tra le 44 città dell’Open House Worldwide, con 111 architetture aperte e oltre 15mila visitatori. Nel 2019 ha sfondato quota 150 spazi aperti, la metà dei quali per la prima volta, con oltre 25.000 visitatori. «A Torino si vive un’esperienza urbana che non si riesce sempre a cogliere, a decifrare. Spesso ci sono linguaggi all’avanguardia e luoghi di frontiera, la sperimentazione è molto vivace e questo mood è il filo che la percorre», precisa il direttore torinese Luca Ballarini. «Le case private sono state sempre una grandissima e straordinaria esperienza architettonica che i cittadini hanno apprezzato sempre tantissimo», conclude.
Per Maya Plata di Open House Milano «nel capoluogo lombardo sembra che tutto si intrecci come il nodo del filo di Cadorna: si attraversano le varie epoche e si solcano i diversi stili. Milano cambia velocemente e questa iniziativa è l’osservatorio giusto, per un pubblico trasversale e non specializzato, per guardare questa trasformazione in atto del tessuto urbano. L’ex area Expo di Mind ne è un esempio». In città tanti spazi dai contenuti straordinari «basta pensare alla Triennale o al Museo del Novecento, ma il contenitore è altrettanto stimolante per riflessioni e innamoramenti architettonici», conclude la Plata.
In copertina: Open House Milano Palazzo Visconti
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