Next Generation Eu, Superbonus 110%, ecobonus, città a 15 minuti, transizione ecologica. Tanti i temi sul piatto del Governo nazionale e degli enti locali che riguardano il futuro delle nostre città e, soprattutto, sulla riduzione dell’impatto ambientale del settore del costruito. Quali saranno o potranno essere i driver che sosteranno la transizione anche nell’edilizia, e soprattutto, potrà un’alleanza tra strumenti finanziari privati e politiche europee accelerare questi processi e rispettare l’obiettivo dell’Unione Europea di arrivare ad essere carbon neutral entro il 2050?
Di questo e di altro si è discusso in un recente dibattito organizzato dal Green Building Council (Gbc) Italia, la sezione italiana del World Gbc, la più grande organizzazione internazionale attiva nel campo delle costruzioni sostenibili, che ancora una volta ha sottolineato il grande impatto che gli edifici hanno sull’ambiente, essendo responsabili del 36% di emissioni a livello europeo, alle quali si va ad aggiungere il 40% di consumo di energia, il 40% di produzione di rifiuti e il 21% di consumo di acqua.
Ma non è solo una questione di risorse naturali, come ha sottolineato l’europarlamentare Simona Bonafè, membro della Commissione Ambiente e relatrice del Regolamento “Istituzione di un quadro che favorisce gli investimenti sostenibili”. «Intervenire nel settore edile e delle ristrutturazioni è indispensabile per rendere l'Europa climaticamente neutra entro il 2050. In Europa ogni anno solo l'1% degli edifici, che per l'85% hanno più di 20 anni, è sottoposto a lavori di ristrutturazione. Partendo da questi dati – ha continuato – è stata lanciata in questi mesi l'iniziativa per una "Renovation Wave" europea, per rafforzare norme, standard e informazioni sulle prestazioni energetiche, con l'obiettivo almeno di raddoppiare i tassi di rinnovamento nei prossimi dieci anni». Ma il vero fulcro della riforma, ha sottolineato ancora, sarà quello di effettuare un vero cambio di paradigma, incentrato su un’idea di economia circolare all’interno della quale vi sia un efficiente uso di tutte le risorse, se veramente l’Europa vorrà centrare l’obiettivo del 2050. Un piano per il quale saranno necessarie risorse ingenti – «260 miliardi all’anno per 10 anni per arrivare alla neutralità climatica» ha detto ancora Bonafè –, reperibili solo attraverso una forte partnership tra pubblico e privato.
Quindi, da una parte, ci saranno le politiche e i fondi europei, che andranno dal Next Generation Eu, «il 37% del quale deve essere destinato a progetti di contrasto al cambiamento climatico» (facendo attenzione, come ha sottolineato anche Pierfrancesco Maran, Assessore ad Urbanistica, Verde e Agricoltura del Comune di Milano, intervenuto al dibattito, a non «tirare fuori dal cassetto vecchi progetti che in realtà questi criteri non li rispettano») fino al quadro finanziario pluriennale in vigore fino 2027, dove c’è comunque l’obbligo di destinare il 30% delle risorse a progetti sostenibili. «Le risorse dovranno essere impiegate nel miglior modo possibile – ha aggiunto l’europarlamentare, ricordando che il Governo italiano dovrà presentare il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnnr) entro il 30 aprile di quest’anno – e per questo ci sarà anche una validazione europea, perché sono risorse che arriveranno dall’Europa e sulle quali essa stessa si sta giocando la sua credibilità».
Dall’altra parte, si punta a strumenti finanziari innovativi che possano permettere ai paesi dell’Unione di raggiungere sia il target ultimo della neutralità, sia quelli intermedi, fissati per il 2030 (di strumenti finanziari ha recentemente parlato anche il gesuita ex banchiere Gaël Giraud).
«A partire dagli Sure, la prima forma di bond europea (un fondo da 100 miliardi di euro lanciato dalla presidente della commissione, Ursula von Der Leyen, lo scorso aprile, per finanziare le varie casse integrazioni degli stati membri ndr), ci saranno altri bond, come quelli green, che saranno coperti dalle risorse proprie dell’Unione – ha spiegato Bonafè –. Questo è un passo avanti importante, per il quale è in atto una riforma guidata dal Commissario Paolo Gentiloni, e della quale fanno parte la tassa sulle transazioni finanziarie, l’aggiustamento del carbonio alle frontiere, la tassa sulla plastica». E questo varrà anche per il settore dell’edilizia dove, per esempio, è già in atto il regolamento sulla tassonomia, nel quale sono stati stilati tutti i requisiti per gli edifici che vorranno veramente essere qualificati come “green” in tutta Europa. «Si sta aprendo una nuova fase anche per l’edilizia sostenibile – ha poi continuato la relatrice – perché se si riparte, ripartirà anche il settore delle costruzioni. Non possiamo permetterci di rimandare oltre, bisogna uscire da questa crisi in modo diverso da come ci siamo entrati». Unico problema, la burocrazia nostrana, che si stima possa rappresentare l’unico ostacolo alla scadenza dell’allocamento delle risorse del Recovery plan, fissata per il 2026.
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