Il Bim come motore di una rivoluzione culturale: i dati che in ambito progettuale possono sembrare ambigui diventano certi e si trasformano in informazione. Parte da questa constatazione la riflessione di Pietro Baratono, Provveditore alle Opere Pubbliche Regione Lombardia e Emilia Romagna intervenuto al SAIE 2016 e intervistato dal giornalista Walter Mariotti. "Grazie al Bim i dati diventano informazione condivisa per tutti gli attori della filiera, cosa che prima non succedeva perché non esisteva un linguaggio comune. E’ uno sforzo potente - ha confermato Baratono - per renderlo effettivo c’è bisogno di formazione, di tempo e di un approccio graduale".
A che punto sono i lavori della Commissione Bim che lei presiede?
La Commissione, che è costituita da componenti interni del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, dell’Università e delle reti delle professioni, si è riunita già due volte, il 28 luglio e il 14 ottobre scorso. Abbiamo udito circa 26 associazioni. Riuscire ad adattare l’innovazione culturale e tecnologica rappresentata dal Bim al nuovo Codice degli Appalti rappresenta una grande novità. Il Bim crea una perturbazione nel sistema che andrà governata attraverso un approccio graduale e linee guida specifiche da parte del Ministero.
Come si sta dimostrando il pubblico di chi deve recepire l'approccio?
Associazioni, professionisti, imprese si sono dimostrati interessati e favorevoli al cambiamento. Anche l’associazione dei costruttori ha espresso una forte condivisione di approccio, anche industriale, perché ha compreso la possibilità di aumentare la produttività del settore.
Quali sono secondo lei gli elementi più importanti in gioco?
La standardizzazione dei modelli e la formazione sono due elementi decisivi. La standardizzazione consente di mettere in gara progetti che abbiano capitolati coerenti; la formazione perché il settore va formato, in particolare le Pa, perché sono loro che appaltano. E questo è a mio parere l’ostacolo più consistente.
In quanto tempo secondo lei potrebbe concretizzarsi la rivoluzione Bim?
Sicuramente avverrà con gradualità. C’è chi dice che ci vorranno 3 anni, chi 10. Io credo che dopo 5 anni potremo avere i primi risultati.
Rispetto agli altri paesi qual è la situazione in Italia?
Per certi aspetti più avanti perché abbiamo inserito una norma cogente nel Codice degli Appalti. Per altri più indietro perché in alcuni paesi, come la Gran Bretagna, esperienze di progetti gestiti con questi modelli informativi sono realtà già da diversi anni.
Progetti pilota?
Si potrebbero trarre utili risorse dai progetti europei, anche con attenzione alle stazioni appaltanti. Iniziative di sperimentazione si stanno facendo anche nella conduzione tradizionale dei cantieri e nella direzione lavori, e nel project management. Stiamo lavorando molto anche con i diplomati, in particolare i geometri. Tutti esempi che testimoniano la straordinaria vitalità del settore
L’approccio della politica al tema del Bim?
Mi sembra un approccio neutro. Sono tutti d’accordo e non vedo nessuno che abbia contrastato questo modo di vedere, perché è consapevolezza comune che non si può tornare indietro.
Se dovessimo concentrare gli sforzi per il futuro su alcuni temi chiave?
Sicuramente le parole chiave sono cultura, conoscenza, formazione, procedimentalizzazione, innovazione. A valle ci sono i prodotti inseriti nelle opere e la banca dati da cui tutti i software che governano la progettazione prendono i dati. Una filiera complessa deve crescere insieme.
Questo articolo è pubblicato anche su saie.it e su edilio.it
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