Patrimonio, recupero, sviluppo. Sono le parole chiave per il nostro territorio e per il Rapporto 100 italian architectural conservation stories, storytelling di un prestigio internazionale per il recupero e il restauro architettonico del patrimonio storico, frutto di una storia antica fatta da grandi uomini che ne hanno costruito un orientamento, da Argan a Urbani. Il Rapporto, realizzato da Fondazione Symbola e Fassa Bortolo con la partnership di Assorestauro, è stato presentato con un racconto attraverso un centinaio di storie di innovazione e qualità che descrivono l’alta competenza sviluppata dal nostro Paese, in questo campo specifico. Una competenza che sarà decisiva anche nella ricostruzione dell’Appennino centrale colpito dagli eventi sismici del 2016/17 che, insieme al cratere dell’Aquila del 2009, è il più grande cantiere di restauro in Europa.
Tutto gira intorno alla memoria, tutto si lega intorno alla storia di questo Paese fatto da cattedrali e basiliche, bastioni e torri, palazzi e regie, reperti e affreschi. Uno sguardo sempre rivolto al passato, ma con il lessico dello sviluppo, tra materiali innovativi, informazione digitale, filiere e tecnologie.
«Ma serve un nuovo approccio innovativo e culturale. Non interventi a pioggia, ma strutturali, rimettere a terra le risorse pubbliche perché i cantieri che si aprono vogliono dire occupazione e lavoro. Quindi dignità», spiega Gino Sabatini, presidente della Camera di Commercio delle Marche.
Il paesaggio è il grande malato di questo Paese: terremoti, alluvioni, degrado. «Un territorio divorato, violentato. Non solo una rinascita di sviluppo, ma anche culturale e scientifica, con l’apporto del pubblico insieme al privato. Da soli non si va da nessuna parte, sono tutti d’accordo che fare rete serve ad arrivare più lontano», precisa Paolo Fassa, presidente Fassa Bortolo.
Nel Rapporto tre macrocategorie: imprese, terzo settore e pubblica amministrazione.
«Per la stesura di questo studio – racconta Ermete Realacci, presidente della Fondazione Symbola -, siamo partiti da un concetto: cercare nell’Italia che c’è, le radici del futuro, attraversando il tema dell’identità. Argomento fondamentale, non elemento di un passato nostalgico, ma dato chiave per una sfida economica e produttiva. Raccogliere le qualità italiane, che sono un laboratorio per il pianeta. Ricordiamoci che in nessun posto del mondo c’è una concentrazione di competenze come il restauro e la conservazione, perché in nessuna arte del mondo c’è una tale concentrazione di arte e cultura».
In Italia si affondano le mani in millenni di mestieri, conoscenze e bellezza. L’incapacità degli italiani di vedere i loro punti di forza, questa nostra fragilità, questa scarsa generosità nel guardare il nostro paese, non ci fa essere ottimisti.
«È un modo per dire che l’Italia può fare la differenza», spiega Fabio Renzi segretario generale Fondazione Symbola. «Noi abbiamo in pugno tutta la conoscenza del restauro, abbiamo un approccio filologico, la convivenza con un contesto che ci ha insegnato ad avere attenzione alla materialità e non solo alla forma». Questa rilevanza nel campo della ricerca è riconosciuta a livello internazionale, ne è dimostrazione la collaborazione con l’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo. Senza dimenticare la messa in sicurezza dell’edilizia storica, sicuramente il campo più avanzato. Per non parlare delle numerose certificazioni. Ma come la politica può fare propria tutta questa eccellenza?
«I nostri territori vantano tante buone pratiche nel campo del restauro, non solo, ma anche per la conservazione del nostro patrimonio artistico. La semplificazione è quella che serve al Paese per ripartire. Bisogna velocizzare le opere e la ricostruzione. Se non potenziamo la pubblica amministrazione che sia all’altezza della sfida che abbiamo davanti, non si riesce ad approfittare di questo aiuto europeo», spiega Donatella Tesei, presidente Regione Umbria.
«Restaurare è riportare in vita. C’è una necessità di un approccio che non può seguire il modello Genova. Ci vuole una rilettura della complessità, un avvicinamento al metodo cooperativo per far funzionare la lotta alla doppia crisi: quella sismica e pandemica, due fenomeni radicali che hanno evidenziato le nostre fragilità. Dovremmo essere capaci di agire sulla qualità, questa è la parolina magica» interviene Guido Castelli, neoassessore alla Regione Marche alla Ricostruzione.
«Per noi era obbligatorio cambiare. A fine anno avevamo 3.200 cantieri aperti, altri stanno aprendo in queste settimane, in questi mesi, in tutte e 4 le Regioni. Dodicimila pratiche pendono ancora, quindi un grande lavoro. La sfida vera è restituire quello che la catastrofe naturale ha tolto, ma dobbiamo anche volgere lo sguardo anche il futuro nel rifunzionalizzare. Dobbiamo cancellare le distanze giuridiche dai fatti economici del processo ricostruttivo, è sempre stato difficile far dialogare la norma giuridica con la realtà, più aumenta il peso della tecnica più questa distanza si allunga. È proprio qui il nodo, è qui che dobbiamo intervenire e scioglierlo questo nodo», conclude Giovanni Legnini, Commissario straordinario per la Ricostruzione Sisma
In copertina: la cover del report di Symbola
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