Una scuola-città o una scuola-salotto? Una scuola-nomade o una scuola-atelier? Come dovranno essere gli istituti del domani? Cerca di rispondere ad alcune di queste domande “Progettare scuole insieme”, il catalogo interattivo dell’omonima mostra laboratorio di Bolzano (terminata ad aprile 2018) redatto dall’esperta in pedagogia e architettura scolastica Beate Weyland, insieme agli architetti Sandy Attia e Paolo Bellenzier e al designer Kuno Prey. Un team multidisciplinare per una pubblicazione che non si configura come un semplice libro, ma come “un taccuino, un quaderno degli appunti, il diario di bordo di un viaggio alla ricerca di nuove idee per trasformare gli spazi educativi e per renderli più coerenti con bisogni e visioni” come scrivono gli stessi autori.
Weyland, tra gli esperti chiamati a dialogare con la cittadinanza di Valeggio sul Mincio nell’ambito del progetto Valore Valeggio, insieme agli altri autori, propone attraverso questo prodotto-manifesto, edito da Guerini Scientifica, un nuovo modo di progettare gli edifici scolastici, che tenga conto prima di tutto delle esigenze di chi dovrà vivere questi spazi, dagli alunni agli insegnanti fino alla comunità nella quale è inserito l’edificio.
Progettare scuole, insieme. Attraverso delle frasi da completare, si invita a riflettere su che cosa si vuole inserire nel nuovo istituto, sulle caratteristiche che deve presentare e sui bisogni a cui deve rispondere. Fondamentale il cambio di linguaggio secondo la professionista altoatesina: non si parla infatti di edilizia scolastica ma di architettura per l’apprendimento, di trasformazione anziché ristrutturazione, di accessibilità e non di barriere architettoniche.
Mens sana in corpore sano. Immaginare la scuola come un organismo vivente, in cui diversi elementi dall’ossatura (il corpo docente) al sistema nervoso (gli spazi e le loro connessioni) fino ad arrivare al metabolismo (l’area dedicata alle comunità) concorrono a creare un equilibrio. Non compartimenti stagni ma parti in dialogo tra loro, che devono essere considerati in egual misura dal progettista. Il nutrimento di quest’unico organismo? “La cultura - si legge nel paragrafo curato da Sandy Attia -, l’istituto scolastico può essere visto come un luogo che offre il nutrimento della conoscenza, ma che tuttavia trae forza anche dal rapporto con l’ambiente, inteso sia in termini socio-culturali sia in termini di sostenibilità”.
L’arredo come facilitatore. “Hai mai sentito il bisogno di cambiare qualcosa nell’arredo della tua classe?”. Kuno Prey invita a riflettere in maniera critica sugli elementi presenti nell’aula didattica. “I classici banchi - ha spiegato il designer - sono ingombranti, pesanti, raramente impilabili e quindi risulta difficile creare per esempio un unico grande tavolo o liberare lo spazio per comporre un cerchio fatto di sole sedie. L’arredo dovrebbe servire da facilitatore e agevolare la rottura dei vecchi schemi in cui la scuola è imbrigliata”.
Molto importanti secondo il designer sono i dettagli da considerare in fase di progettazione. Dalla maniglia del portone d’ingresso, un elemento quotidiano che dovrebbe essere pensato per i bambini e non esclusivamente per gli insegnanti, posizionandolo ad una determinata altezza per esempio, fino agli spazi d’ingresso, che come suggerisce il professionista dovrebbero avere colori tenui e superfici morbide, per predisporre i bambini all’ascolto attivo. Uno spazio a cui fare riferimento? La stube tirolese ad esempio, un’area “accogliente, pensata in origine per essere un luogo dove passare gran parte della giornata (perché, un tempo, unico spazio della casa riscaldato), in legno e con arredi poco ingombranti” chiarisce Prey.
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