Molto si è detto sulla tragedia del Ponte Morandi e molto altro dirà l’inchiesta giudiziaria portata avanti dalla Procura della Repubblica di Genova, con ulteriori informazioni che potrebbero arrivare dagli incidenti probatori sui reperti raccolti e catalogati in seguito al crollo. Fra le tante questioni ancora irrisolte, una sola certezza: l’infrastruttura verrà demolita e ricostruita. La decisione, presa sulla scia dei fatti del 14 agosto e ribadita anche all’interno del cosiddetto “Decreto per Genova”, ha trovato largo consenso anche fra i professionisti, con qualche eccezione.
“Una scelta politica, presa senza considerare le opinioni di tecnici legati al rinforzo strutturale e alla terotecnologia stradale” ha dichiarato Luca Zevi, vicepresidente dell’InArch, durante un seminario organizzato proprio dall’Istituto Nazionale di Architettura, dal titolo esplicativo: restaurare e reintegrare il viadotto Morandi. “Da alcuni anni le grandi realizzazioni del periodo 1945-1975 vengono messe in discussione pesantemente. Un esempio? Le torri dell’Eur, il velodromo di Roma e ora il ponte sul Polcevera, una delle opere d’ingegneria più importanti dell’Italia moderna. Serviva una risposta razionale ad una tragedia – ha sottolineato Zevi –, invece si propone la soluzione della demolizione e ricostruzione che, nonostante i proclami, richiederà molto tempo con costi elevatissimi. Con i soldi stanziati dal Governo si potrebbe reintegrare il collegamento e dar vita ad un processo di rigenerazione urbana di tutta l’area sottostante”.
“La demolizione non ha senso”. L’endorsement è dell’ingegnere Gabriele Camomilla, terotecnologo ed ex Direttore della Ricerca e Manutenzione di Autostrade. “Non solo perché serviranno almeno tre anni per realizzare una nuova infrastruttura, ma anche perché almeno 500 metri della sezione non crollata (su una lunghezza complessiva di circa 1.200) sono ancora in buone condizioni. In passato, avevamo realizzato lavori di ripristino, in particolare sugli stralli e sui cavi, il tutto, mentre il traffico era attivo. La pila 10 era quella che stava peggio nella valutazione del 1992, con problemi di precompressione nella parte alta, ma avevamo sanato la situazione. La ristrutturazione del ponte avrebbe diversi vantaggi, come quello di poter dar vita a due cantieri paralleli, su entrambe le parti ancora in piedi. Inoltre – ha aggiunto Camomilla – il tempo di riparazione e ricostruzione parziale è di circa quattro volte inferiore rispetto all’operazione prospettata fino ad ora. La questione rimane quella del tempo: bisogna agire rapidamente. Se quanto proposto da Renzo Piano fosse realizzabile in breve tempo mi spenderei in suo favore, ma purtroppo non è così”.
“Per non incorrere negli errori del passato, serve chiarezza da parte delle istituzioni – ha evidenziato Edoardo Bianchi, vicepresidente Ance –. Le risorse sono state stanziate, ora bisogna definire senza esitazione il commissario/committente, in modo che si possa scegliere il progetto e, solo alla fine, chi si occuperà materialmente dell’operazione. I tempi della demolizione e ricostruzione saranno sicuramente lunghi, a maggior ragione perché, come detto dall’ingegnere Camomilla, buona parte dell’infrastruttura è in buone condizioni. Anche per questo mi meraviglio che non si sia pensato a più opzioni oltre a quella di smantellare tutto". Bianchi ha poi sottolineato gli effetti del crollo del 14 agosto per Genova, con disagi crescenti per gli abitanti. Senza dimenticare il porto, il più grande del Paese: "Le scorte di carburante per le imbarcazioni si stanno esaurendo, le navi da crociera da gennaio non attraccheranno più per i problemi legati alla logistica e, nel frattempo, il vicino scalo di Marsiglia sta prospettando condizioni economiche favorevoli per l’attracco e il carico-scarico merci", afferma il vicepresidente Ance. "Leggendo il decreto – ha proseguito –, come associazione dei costruttori rileviamo che, nonostante sia stato pensato per colpire il gruppo Autostrade, impedirà alle prime 20 imprese italiane di partecipare alla ricostruzione del ponte. Da parte nostra siamo a favore della deroga, ma non vorremmo che si scegliesse l’impresa che porterà avanti l'operazione senza valutare più opzioni”.
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