di Francesca Fradelloni | pubblicato: 17/11/2020
«Un Rapporto che ci consente di fare un bilancio e un confronto con il passato e una percezione sulla condizione attuale e la pandemia deve essere accolta come un’opportunità»
Raffaele Cattaneo
«Un Rapporto che ci consente di fare un bilancio e un confronto con il passato e una percezione sulla condizione attuale e la pandemia deve essere accolta come un’opportunità»
Raffaele Cattaneo
La Lombardia, con quasi 30mila ettari di superficie, è nel 2019 la prima Regione italiana per consumo di suolo (il 12% della superficie, a fronte di una media nazionale del 7,1%). È uno dei dati del Rapporto Lombardia 2020, la quarta edizione di un lavoro che, a suo tempo, il 2017, era il primo in Italia. Una scommessa iniziata dal centro di ricerca PoliS-Lombardia, nato con l'intento di partecipare attivamente alla declinazione locale dell'impegno alla realizzazione degli “Obiettivi per lo Sviluppo sostenibile” che l'ONU ha identificato da raggiungere, a livello internazionale, entro il 2030.
Nell’edizione 2020 del Rapporto Lombardia, purtroppo, gli indicatori che sottendono i diversi target e i relativi Goal della Agenda Onu 2030, sono disponibili al 2019. «Per questo, abbiamo cercato – racconta il presidente di PoliS Lombardia, Leonida Miglio – ove possibile, di chiederci se alcune fragilità del sistema fossero già evidenti, nell’ottica di quanto avvenuto nel 2020, sapendo che una analisi più fondata e completa sarà possibile solo nel 2021».
Affiancato a questo Rapporto Lombardia 2020 lo Studio per la ripartenza dei territori lombardi, come suggerimento di azioni che sarebbe opportuno intraprendere, sulla base dei feedback che sono giunti dagli stakeholder delle diverse province lombarde, e che corrisponde quindi alla scelta di fornire alcuni elementi per le decisioni della politica, anche in assenza di un quadro definitivo della situazione.
Ripartire dallo sviluppo sostenibile. Questa la chiave per il futuro.
Il tema del consumo del suolo è davvero, ormai, una priorità nel dibattito politico. Soprattutto se pensiamo che, l’aumento non va di pari passo con la crescita demografica e in Italia cresce più il cemento che la popolazione. Nel 2019 sono nati 420mila bambini e il suolo ormai sigillato avanza di altri 57 chilometri quadrati (57 milioni di metri quadrati) al ritmo, confermato, di 2 metri quadrati al secondo. È come se ogni nuovo nato italiano portasse nella culla ben 135 metri quadrati di cemento. A dirlo lo scorso 22 luglio l’Ispra con la presentazione dei nuovi dati sul consumo di suolo in Italia.
Analizzando il focus sul consumo del suolo del Rapporto lombardo, si legge che la Lombardia nel periodo 2012-2018 (+1,24%) risulta essere al 16° posto per tasso di consumo. È il suolo agricolo ad essere più colpito da opere di nuova urbanizzazione (2,3%). Tra i capoluoghi lombardi, sempre negli anni 2014-2018, Milano è comunque la prima città per incremento del verde pubblico (+9%, a fronte di un incremento su base nazionale pari al 2%) seguita da Brescia (+8,5%). Le due città primeggiano anche per il verde pro capite (rispettivamente +5% e +7%, con un dato nazionale pari a +2%). Brescia e Cremona sono le città in cui le nuove superfici gestiscono meglio il consumo di suolo in espansione nel 2017-2018, rispettivamente con 12 e 8 metri quadrati verdi ogni metro quadro trasformato. Considerato che la popolazione urbana è in costante aumento e continuerà ad aumentare secondo le più recenti previsioni a livello UE, le città sono e diventeranno sempre più fondamentali per garantire la qualità della vita e il benessere dei cittadini europei. Se da un lato sono fonte di opportunità in termini di istruzione, occupazione, cultura e svago, dall’altro a causa dell’alta concentrazione di abitanti contribuiscono negativamente all’ambiente con la produzione di rifiuti urbani, la diffusione degli insediamenti abitativi. Proprio in virtù di questa duplice valenza sono considerate elementi chiave per perseguire uno sviluppo sostenibile.
«Bisognerebbe lavorare a rafforzare la debole relazione che esiste tra uomo e natura», interviene l’assessore regionale all’Ambiente e al Clima, Raffaele Cattaneo. «Lo sviluppo sostenibile infatti va scelto, non accade per inerzia. Ed è un driver fondamentale che - conclude - può aiutare la regione a ripartire dopo la crisi generata da questa pandemia».
E infatti, a proposito di città, menzionate dal Rapporto, anche secondo una nuova ricerca pubblicata a fine ottobre dalla “Global mayors Covid-19 Recovery task force” (
qui un focus di thebrief), guidata dal sindaco di Milano
Giuseppe Sala, investire i fondi per la ripresa in seguito alla pandemia Covid in soluzioni green arresterebbe il collasso climatico e consentirebbe una ripresa economica molto più rapida.
Ad oggi, solo il 3-5% dei 12-15 trilioni di dollari che si stima saranno stanziati a livello internazionale per la ripresa dalla crisi generata dal Covid verrà destinato a iniziative green. Una ripresa verde ed equa, basata sui principi del “green new deal” globale, porterebbe a convogliare i fondi per la ripresa verso investimenti quali il trasporto pubblico, le infrastrutture pedonali e ciclabili e l'energia pulita. Questo approccio porterebbe vantaggi economici e sanitari di portata rivoluzionaria per le 100 maggiori città del mondo e le relative filiere. Inoltre, ci metterebbe finalmente sulla buona strada per mantenere il riscaldamento climatico al di sotto di 1,5°C.
«Un Rapporto che ci consente di fare un bilancio e un confronto con il passato e una percezione sulla condizione attuale e la pandemia deve essere accolta come un’opportunità» aggiunge Cattaneo.
I tempi della ripresa sono fondamentali. Creando proiezioni sull'impatto degli investimenti rapidi che consentano di agire nei prossimi cinque anni, anziché nei prossimi 15 anni, risulta evidente il vantaggio di investimenti anticipati. Una “ripresa verde accelerata” fornisce in assoluto la maggiore probabilità di prevenire il collasso climatico e creerebbe molti più posti di lavoro sostenibili e benefici per la salute a lungo termine.