Servizi, living ed hotellerie. Questi i comparti del real estate che, al 2019, hanno un potere attrattivo maggiore nei confronti degli investitori stranieri. Il futuro sta nel residenziale, student housing e senior living. Chiare le linee emerse nella discussione per la sesta edizione del summit annuale “Quo Vadis Italia?”, organizzato da DLA Piper in collaborazione con CBRE, Cushman&Wakefield, GVA Redilco, JLL e Urban Land Institute. Rappresentanti della filiera del mercato immobiliare, comprese banche e asset manager, hanno tracciato un quadro dello stato attuale, senza esimersi da considerazioni sul peso dell’incertezza politica sul mondo degli affari. Le mete più ambite per le opportunità di profitto? Milano e a seguire Roma.
Lo scenario. «Da una nostra survey – ha spiegato Olaf Schmidt, partner DLA Piper e managing director groups – sono emersi i fattori principali che impattano negativamente sull’opinione degli investitori interessati all’Italia. Fra questi ci sono la lentezza e l’imprevedibilità dei procedimenti amministrativi (70,3%), una legislazione poco trasparente (37,5%) e una pressione fiscale elevata (18,7%). Al contrario, come elementi positivi ci sono stati segnalati la crescita media degli affitti (42,2%), i buoni rendimenti finanziari (26,6%) e la liquidità ad alta disponibilità (20,3%)».
L’analisi. Dalle interviste realizzate da DLA Piper a un panel di attori di primo piano coinvolti in operazioni immobiliari in Italia per almeno 500 milioni di euro, emerge la fotografia del real estate nel Belpaese. Fra i comparti più attrattivi ci sono quello degli uffici (il 71,9% dei soggetti vi ha investito) e del retail (52,6%). Seguono logistica (36,8%), residenziale (33,3%) e hotellerie (28%). Indicativa anche la percentuale relativa alle operazioni riuscite, ovvero quelle che hanno generato valore e reddito aggiunto, pari al 98,15% dei casi. Un dato che conferma come l’investimento nel mattone, nel nostro Paese, possa essere considerato remunerativo se preceduto da un’attenta fase di studio e analisi. Il tutto al di là della politica, con il 70% dei partecipanti che ha dichiarato di non essere stato dissuaso dai suoi progetti nel mondo immobiliare a causa dell’incertezza generata dalla crisi di governo estiva.
Le tendenze. In generale prevale l’ottimismo, seppur moderato, nei confronti del comparto sia nazionale che europeo. Il 41,9% crede in un futuro positivo, con il restante 58,1% che seppur dubbioso non si dichiara pessimista. E l’Italia come è vista dai grandi investitori? Il 37,1% afferma che dallo scorso anno il proprio interesse nel mercato immobiliare nostrano è cresciuto, il 51,6% non vede cambiamenti particolari.
Le previsioni. Come quest’anno, nel 2020 a farla da padrone saranno le operazioni che riguarderanno gli uffici (64,5%). Contestualmente gli outlook individuano un crollo di interesse nel retail (25,8%) e nelle infrastrutture (1,6% contro il 3,5% del 2019). Investimenti che, invece, quasi raddoppieranno per quanto riguarda il residenziale (61,3%) e l’hotellerie (50%). A meritare il “premio” per il maggior differenziale annuale saranno i settori dello student housing (dal 19,3% al 46,7%) e il senior living (dall’8,7% al 33,8%).
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