“Un grattacielo orizzontale lungo 250 metri, stretto e asimmetrico. Fondazione su pali, struttura in calcestruzzo fino a quota 6 metri e poi telaio in acciaio. Un ponte con vista sulla cisterna di Mazzoni e uno sbalzo di 30 metri. Due edifici distinti collegati con un particolarissimo giunto che si comportano come fossero una sola struttura. Un progetto che ha dovuto fare i conti con una particolare distribuzione interna richiedendo di realizzare una maglia strutturale più ampia di quella classica per uffici”. Così racconta Mauro Eugenio Giuliani, managing partner di Redesco Progetti con Gianluca Vesa (che è stato a capo della squadra) che ha curato il progetto strutturale dell'Headquarter Tiburtina fin dal primo momento, insieme alla società Starching che, dopo aver affiancato 5+1AA nella progettazione preliminare e definitiva, ha curato l'esecutivo e sta seguendo la direzione lavori. “Siamo a bordo fin dall’inizio” dice Giuliani che ora, finito il progetto, continua a dare assistenza alla direzione lavori”. Il cantiere romano, a ridosso del fascio dei binari, sale ed è già visibile per quattro piani fuori terra. Entro fine anno la struttura sarà ultimata.
Ingegnere, guardando alle strutture, quali sono le principali novità di questo progetto?
La complessità può essere descritta evidenziando tre temi principali: la dimensione e le proporzioni dell’edificio, una sorta di “nastro” lungo, alto e stretto, che planimetricamente ha un’estensione inusuale, con i relativi problemi strutturali legati alle dilatazioni e contrazioni termiche e da ritiro, ed altimetricamente raggiunge al coronamento i 62 metri dalle fondazioni con un’impronta piuttosto stretta. Una struttura inserita tra la tangenziale esistente e l’area di Pietralata, a due quote diverse. Un secondo aspetto è legato alle esigenze di ‘space planning’ messe a punto in fase iniziale di progetto su indicazione del gruppo Bnl-Bnp Paribas Real Estate: sono state richieste campate interne di 9 per 12 metri. Ancora, sempre per motivi distributivi, le altezze di interpiano erano ridotte e abbiamo dovuto progettare un sistema di impalcato in grado di integrare gli impianti nello spessore dei solai.
Quindi che soluzione avete adottato per le partizioni orizzontali?
Ci siamo inventati un solaio con travi di grande portata sulla luce maggiore di 12 metri, forate per il passaggio impianti, estremamente snelle. Sulla luce di 9 metri abbiamo invece previsto una soluzione composita in lamiera con nervature profonde senza travi secondarie; nello spazio tre le nervature, allineato con i fori nelle travi, saranno posati gli impianti.
Quali scelte invece per gli elementi verticali?
I pilastri al di sopra della piastra di base sono in acciaio. Sempre per questioni legate alla distribuzione interna è stato necessario concentrare gli elementi rigidi dei nuclei in cemento armato su un lato: scelta non naturale se si guarda al comportamento dinamico del sistema globale di stabilità; in ogni caso abbiamo lavorato studiando un sistema capace di rispondere correttamente al vento e al sisma, che in questa zona non è secondario.
Un particolare giunto collega i due edifici che alternativamente si potranno comportare come un corpo unico o come due distinti. Di cosa si tratta?
La lunghezza della struttura ci ha imposto di dividere l’edificio in due corpi, uno doppio verso la stazione e l’altro lineare oltre la cisterna che è stata preservata. Abbiamo studiato un giunto con particolari elementi detti “accoppiatori visco-elastici” che permettono i movimenti lenti – termici e da ritiro - mentre il giunto stesso si blocca nel caso di movimenti bruschi come quelli di un terremoto, così che il sistema strutturale si comporta come un unico organismo resistente.
Anche i non addetti ai lavori apprezzano quanto sia ardita la struttura, anche solo per lo sbalzo sul lato della stazione AV Roma Tiburtina. Come l’avete risolto?
La volumetria, stretta e alta con una sorta di ‘prua’ all’estremità opposta rispetto alla stazione ha spinto i progettisti a realizzare uno sbalzo di una trentina di metri. Il tema è interessante soprattutto se, guardando la pianta e il prospetto, si coglie che questo volume non è simmetrico: una facciata prosegue dritta e l’altra è inclinata. Quindi l’ingegneria è dovuta entrare in campo non solo per lo sbalzo ma anche per la massa eccentrica rispetto all’edificio. Soluzione? Si è optato per una struttura spaziale declinata secondo i piani di facciata e di solaio.
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