Tutte le volte che torno a Londra rimango colpito dall'elevato numero di gru e costruzioni che si stagliano nel cielo Londinese. Prevalentemente si tratta di alti edifici a torre che stanno cambiando il profilo di questa città sempre in movimento. E ciò a dispetto della crisi e recessione che da tempo flagella l'Europa. E tutte le volte, ritrovandomi con i molti amici coinvolti nella progettazione di alcune delle nuove costruzioni, si discute di "regeneration".
Questa parola è diventata di moda ed è ripresa continuamente anche da diversi quotidiani cittadini e nazionali.
Infatti, è di dominio pubblico che parecchie decine di "torri" di notevole altezze sono in coda per i permessi di costruire presso i vari Comuni Londinesi. Le formalità del "planning permission" sembra siano state facilitate, con il risultato inevitabile che lo "skyline" di questa grande metropoli, l'unica ancora a misura d'uomo in Europa, sta inesorabilmente cambiando.
Che i cambiamenti siano necessari o inevitabili è fuori discussione. E ben vengano.
Il vero dilemma non sono certo i cambiamenti quanto piuttosto le politiche urbanistiche ed i parametri di "saggezza urbana" entro cui indirizzarli affinché la visione futura della città che muta avvenga in modo tale da mantenere o salvaguardare i valori umani e culturali della comunità che tali cambiamenti deve subisce.
Alcuni dirigenti dei vari dipartimenti di urbanistica della Grande Londra hanno espresso serie preoccupazioni nei riguardi di questa prolificazione di edifici alti a torre di cui, si dice, l'80% sarà destinato ad unità abitative. Molte delle preoccupazioni lamentano il fatto che spesso i permessi sono concessi allo scopo di rimpinguare le casse vuote delle Amministrazioni piuttosto che per il miglioramento futuro della città e il benessere sociale dei suoi abitanti. Si sollevano anche molte osservazioni critiche circa gli standard e la qualità del prodotto che si sta immettendo sul mercato.
Infatti, si dice, mentre gli edifici alti di Londra destinati al terziario presentano caratteristiche di altissima qualità tecnologica, e sono stati sperimentati con successo da ormai 30-40 anni col risultato di essere grandemente appetibili al mercato internazionale, non si può dire altrettanto per quelli che saranno destinati al residenziale, settore questo fortemente legato al secolare substrato culturale del modo di vivere di una comunità fortemente legata alle sue radici. Il problema nel residenziale sembra quindi essere principalmente di tipo sociale prima che tecnologico o architettonico. Problema sociale che non sussiste nel caso della comunità mobile ed internazionale del terziario.
Quindi non si tratta solo di 'teoria urbanistica e architettura' ma di un problema notevolmente più complesso. Pur dando il benvenuto alla teoria della "regeneration" è però lecito chiedersi di quale 'regeneration' ci si deve preoccupare ed a quale comunità o territorio dovrà essere indirizzata la "regeneration" affinché il suo effetto duraturo e benefico sia quello di effettiva rigenerazione e non degenerazione o potenziale vandalismo. La domanda è di enorme importanza sociale perché la sua applicazione avrà una influenza longeva sia sulla comunità che ne subisce gli effetti che sul sito ove la 'regeneration' verrà applicata. L’esperienza ha dimostrato che spesso l'unico modo di correggere gli effetti negativi di un intervento sbagliato di 'regeneration' urbana è quello di ricorrere ad una pronta e coraggiosa demolizione.
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