Un mercato da oltre 130 miliardi di dollari fra USA ed Europa, strutture realizzate nella metà del tempo e con un risparmio del 20% rispetto ai metodi tradizionali. Non si tratta di una trovata pubblicitaria, ma dei risultati restituiti da un report sugli effetti di quello che sarebbe un cambiamento epocale nel mondo delle costruzioni: il passaggio alla prefabbricazione e all’edilizia modulare. A pubblicarlo la McKinsey, multinazionale di consulenza strategica presente in 57 Paesi con oltre 9mila dipendenti dislocati in 98 sedi. La ricerca evidenzia un trend su cui da tempo si spendono realtà nostrane, come ad esempio REbuild, che mostrano come il cambio di paradigma potrebbe portare nuovi competitor nell’ecosistema del real estate.
Evoluzione. Il documento mette in evidenza tutti quegli elementi che potrebbero portare ad un ripensamento in chiave positiva di una modalità costruttiva che, ancora oggi, gode di una cattiva reputazione. Il motivo è presto detto. Nel secondo dopoguerra, per cercare di far fronte alla grande emergenza abitativa causata dalla distruzione provocata dal conflitto, Paesi come Stati Uniti, Regno Unito, Germania (est ed ovest) e Unione Sovietica fecero ampio ricorso a questa tipologia edilizia. Se da un lato ciò permise di dare in breve tempo un tetto agli sfollati, non ci volle molto prima che gli inquilini si accorgessero della bassa qualità del costruito e dell’impossibilità di personalizzare gli spazi. Oggi invece elementi come l’innovazione tecnologica, la digitalizzazione e una filiera più sviluppata, stanno riaccendendo un faro su una tecnica che permetterebbe di ridurre quel gap cronico di produttività che caratterizza da sempre il comparto.
Ma quali sono gli elementi su cui si basa questa considerazione? Il rapporto di McKinsey sottolinea come i progetti modulari recentemente monitorati abbiano restituito dati interessanti sia sotto il profilo dell’abbassamento dei tempi, che dei costi di costruzione. Se paragonati ai metodi tradizionali, i primi vedrebbero una riduzione media che oscilla dal 20% al 50%. Il risparmio sarebbe invece nell’ordine del 20%, cifra destinata a crescere nel tempo grazie alla maggiore dimestichezza degli operatori. Supponendo una capacità di penetrazione media nel settore, il valore di mercato dei nuovi immobili costruiti con tecnologia off site negli USA e in Europa si aggirerebbe, nel 2030, intorno ai 130 miliardi di dollari.
Potenzialità. Ad oggi le nazioni che più utilizzano questa tipologia sono i Paesi Scandinavi (Finlandia, Norvegia e Svezia). È qui che vengono realizzati il 45% dei progetti abitativi modulari di tutto il mondo. Seguono il Giappone con il 15% e la Germania con il 10%. Il report sottolinea però come altri mercati siano in crescita, con la possibilità che nel giro di pochi anni Regno Unito e USA recuperino parte del gap accumulato. Questo grazie all’utilizzo di nuovi materiali e tecnologie che aumentano enormemente la capacità di design e quindi di personalizzazione degli ambienti. Da non sottovalutare anche la maggiore precisione e produttività rispetto al passato. Anche per questo sta avvenendo un lento ma costante cambio di mentalità negli operatori del comparto che iniziano a vedere l’edilizia off site non più come in grado di dar vita solo a strutture brutte e di scarso valore, ma anzi sostenibili ed esteticamente gradevoli.
I fattori chiave in grado di determinare una crescita degli edifici modulari sono due: la domanda da un lato, la disponibilità e i costi relativi della manodopera specializzata dall’altro. Zone come la costa ovest degli USA, l’area meridionale del Regno Unito e le principali città tedesche, sono i luoghi dove il report individua i principali focolai della domanda. Per ottenere i benefici sottolineati dalla ricerca però, sono necessari alcuni elementi. Fra questi ci sono l’ottimizzazione e la scelta dei materiali, il supporto normativo degli enti pubblici e la capacità di gestione di tutte le fasi costruttive. In questo senso risultano fondamentali non solo la progettazione digitale e la logistica, ma anche la conoscenza delle fasi di assemblaggio da parte degli operai.
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