«Sta avvenendo, ormai da molto tempo, un impoverimento non solo in termini qualitativi ma anche dal punto di vista economico dei nostri compensi. La costante riduzione delle offerte delle parcelle sulle opere pubbliche, dovuto a sconti sempre più alti che arrivano fino ad oltre il 50%, è un pessimo segnale e credo che in questa modalità non ci sia nulla di comprensibile se non una continua e inutile competizione che ormai si è sposta sul prezzo e non sulla qualità. Ridurre le proprie offerte dal 30 al 60 % è un suicidio della professione oltre che un impoverimento professionale». Mario Cucinella inizia così una lettera aperta, inviata qualche settimana fa, a ridosso della Festa dell’Architetto promossa dal Cnappc dove è stato protagonista denunciando la questione. «La riduzione continua delle offerte per accaparrarsi un incarico a qualunque costo dà l’idea dello stato in cui si trova questa professione. Questa non è libera concorrenza - dice Cucinella - questo è un modo per svendere e svalutare la propria professionalità a danno di tutti, anche per chi svolge questa professione seriamente e con competenza. Il messaggio è molto grave e questi metodi stanno dicendo sia al pubblico che al privato che il lavoro di un architetto vale poco e vale così poco che si può scontare del 50%, oltre agli architetti che regalano i progetti per un pò di pubblicità (sui doni degli architetti un’inchiesta di thebrief su Renzo Piano a Genova a cui andrebbe aggiunto il progetto del Ponte) e a tutte quelle formule che danneggiano il giusto compenso».
Ma che credibilità ha una professione che svende il proprio sapere? A vantaggio di chi? Domande che Cucinella rivolge ai propri colleghi. Questioni note a molti, trasversali nel mondo dell’architettura e dell’ingegneria, e sulle quali si batte ad esempio l’Oice con il suo presidente, Gabriele Scicolone. «Condivido la lettera di Cucinella in ampie parti del testo – dice Scicolone – e per affrontare il tema bisogna partire dalla considerazione di come si applicano i corrispettivi di ingegneria e di architettura in Italia. Dal 2016 in Italia c’è il cosiddetto decreto Parametri che dovrebbe fissare le basi di partenza delle gare e che quindi definisce in maniera opportuna il corrispettivo per una prestazione di architettura e di ingegneria. La problematica – spiega però il presidente Oice – è che spesso le stazioni appaltanti derogano (e lo possono fare perché secondo il Codice degli Appalti non è obbligatoria l’applicazione del decreto Parametri)». Qualche settimana fa il presidente dell’Anac è intervenuto sul tema, tra l’altro, ribadendo l’efficacia del decreto Parametri e chiedendo che le stazioni pubbliche che intendono derogare dall’applicazione, ne giustifichino la scelta. «È un segnale, ma non basta. Come Oice – aggiunge Scicolone - abbiamo stigmatizzato un caso tra gli altri dove una stazione appaltante ha giustificato il non avvalersi del decreto in oggetto, optando per una parcella a base di gara pari al corrispettivo dovuto, scontato già di base del 40%, in considerazione del fatto che la media dei ribassi è effettivamente quella del 40%. In gara è andato quindi un corrispettivo già abbassato, da scontare ulteriormente: il ribasso del ribasso. Si arriva a delle storture inconcepibili in altri contesti europei o internazionali».
Scicolone torna sul tema dell’”impoverimento” del settore dell’ingegneria e dell’architettura, citato da Cucinella, «a discapito della qualità e dell’opportunità del settore di far crescere dei giovani in un contesto adeguato. Si riducono le parcelle, ma anche la dignità degli studi e dei compensi delle nuove generazioni».
Cucinella aggiunge che «Questo non è un comportamento deontologico, né competitivo né ragionevole e lo si vede radiografando la professione sempre meno capace di essere all’altezza della sfida, al punto che quando c’è da realizzare opere importanti si chiamano gli architetti stranieri con maggiore e solida esperienza». Cucinella spinge per un’azione di sensibilizzazione anche nei confronti del soggetto pubblico «dove fissare la forchetta degli sconti non più del 5, 10 % o addirittura fissare un prezzo giusto degli onorari e la scelta si faccia solo sulla qualità del progetto. Si sta parlando di Recovery fund – aggiunge - e non si può immaginare una ripresa delle progettazioni sotto il segno dell’impoverimento e del ribasso. Sapendo che poi anche per il pubblico risparmiare sulla quota d’investimento più bassa (progetto) ha conseguenze drammatiche su l’investimento principale che sono le opere da costruire».
La partita è ancora aperta. Un tema da legge dell’architettura? Da dove partire?
Un primo risultato è stato raggiunto in Valle d’Aosta e la racconta Andrea Marchisio, architetto, rappresentante della commissione parcelle dell’Ordine degli Architetti della Valle D’Aosta. «Con la Regione Autonoma della Valle d’Aosta abbiamo portato avanti un lavoro congiunto con l’intento di ridurre al minimo possibile il peso dell’offerta economica rispetto agli altri fattori di giudizio (schede opere e metodologica), e nelle gare con l’offerta economicamente vantaggiosa abbiamo introdotto una formula che toglie punti a chi fa un ribasso molto alto, in modo tale da renderlo sconveniente». Un’isola felice, dove oggi i ribassi si attestano intorno al 30, 33%. «I professionisti l’hanno constatato sul campo – spiega Marchisio – chi nelle ultime gare ha proposto ribassi dell’ordine del 50, 60%, si è reso conto che non erano remunerativi». In questo contesto la Valle d’Aosta ha introdotto un’altra novità: la non obbligatorietà della quota maggioritaria per la mandataria. Un’azione che favorisce i giovani, gli studi medio-piccoli, e che non dà per scontato che siano le società di ingegneria a fare da capofila.
«Il mercato del lavoro non può essere lasciato libero – commenta Marchisio – con la fame di lavoro che c’è non si riesce ad impedire ai professionisti di limitare i ribassi. Una via rimane sempre quella di lavorare sulle Pa perché per affidare gli incarichi scelgano lo strumento del concorso e, anche grazie al bando tipo del Cnappc, si metta per iscritto che l’affidamento dell’incarico potrà avere un ribasso definito, al massimo del 20%. Ma i concorsi devono crescere di numero, altrimenti vincere è una lotteria». E quello dei concorsi, come si sa, è un altro tema.
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