Investire nel recupero temporaneo per incrementare il valore del patrimonio e rimetterlo a disposizione dei cittadini e all’attenzione del mercato. Valorizzare il rapporto con il privato per intercettare risorse di cui la Pubblica Amministrazione non dispone. Affrontare la rigenerazione urbana in modo sinergico, senza voler risolvere i problemi in modo settoriale. Sono queste le tre principali linee d’azione di Lorenza Baroncelli, assessore alla Rigenerazione urbana della città di Mantova.
Lorenza Baroncelli è architetto, ricercatore e curatore. Classe 1981, collabora con la Serpentine Galleries di Londra per la definizione dei programmi del padiglione, è consulente per le strategie urbane e culturali del primo ministro dell’Albania Edi Rama e collabora in Italia e all’estero con Stefano Boeri. Dal 2009 al 2011 ha lavorato nello studio Stefano Boeri Architetti collaborando tra l’altro alla definizione del masterplan di Expo e alla riconversione dell’ex Arsenale della Maddalena. Baroncelli nel 2011 è stata il coordinatore generale del Festarch di Perugia e dopo essersi laureata a Roma Tre in Architettura con una tesi su Bogotà ha collaborato nel 2011 e 2012 con Mazzanti come co-direttore dello studio. In campo artistico è vicina ad Hans Ulrich Obrist e con lui è stata direttore scientifico del padiglione svizzero alla Biennale Architettura 2014. Nella giunta di Mattia Palazzi segue le attività amministrative che riguardano i progetti di rigenerazione urbana, il marketing e l’arredo urbano, le relazioni e le partnership internazionali.
Si sono da poco conclusi i primi sei mesi da assessore alla rigenerazione urbana del comune di Mantova. Da dove ha iniziato il suo lavoro?
Il primissimo progetto sul quale ho investito è quello del quartiere di Lunetta: area periferica della città, con edilizia residenziale pubblica, di grande fascino ma con tutti i connotati delle periferie degradate delle città europee con difficoltà sociali, fenomeni di vandalismo, degrado... Dovevamo ridipingere le facciate del polo scolastico e ho chiamato Edi Rama che, negli anni in cui era stato sindaco di Tirana, si era distinto per aver levato grazie all’uso del colore il grigio del comunismo. Edi Rama per Lunetta ha scelto il blu. Abbiamo utilizzato le risorse di un contratto di quartiere, e con un co-finanziamento Regione-Comune abbiamo concretizzato in due mesi questo progetto con una verniciatura che è costata una cifra ragionevole dell’ordine dei 20mila euro.
Con quali effetti?
I cittadini stanno guardando con interesse a questa operazione che ha visto il coinvolgimento diretto della Pubblica Amministrazione, la collaborazione di un artista internazionale, l’attenzione della stampa. Tutto questo con una ricaduta sul fatto che l’Università di Brescia ha confermato il contratto e il finanziamento per questo polo formativo distaccato.
Una giovane architetto con esperienze internazionali che spaziano dalla visione urbanistica strategica all’arte. Secondo lei quali sono le priorità per affrontare i temi della città contemporanea?
Per prima cosa bisogna ricordare che ormai da qualche tempo le città non hanno più le risorse disponibili per investire sulla loro trasformazione e non sono più gli oneri di urbanizzazione a pagare cultura, servizi e opere pubbliche. A Mantova ad esempio abbiamo non pochi problemi con diversi piani attuativi ed edificazioni non completate dove i privati chiedono di restituire gli oneri di urbanizzazione. Le città hanno una capacità economica diversa e anche per questo devono attrezzarsi per concorrere ai finanziamenti messi a disposizione con i bandi europei. Secondo tema: per troppo tempo le città sono state pianificate e governate dall’alto, con lo strumento del Prg, e con azioni distinte per settori. È evidente che ora non si può più parlare di innovazione a prescindere dall’inclusione sociale, non si può slegare l’urbanistica dalle attività produttive o dal bilancio. Terza questione: Mantova come tante altre città italiane ha grandi patrimoni pubblici abbandonati da anni, in parte comunali in parte demaniali. Sono vuoti degradati nel cuore della città, e la Pa non ha risorse per restaurarli e recuperarli.
E lei come pensa di affrontare la questione di questo patrimonio pubblico?
Penso che il pubblico oggi non possa più risolvere autonomamente il problema, magari andando a cercare le risorse nel piano delle opere pubbliche. Il pubblico deve mettersi dalla parte della domanda e trovare la soluzione sul territorio locale, o grazie alla rete internazionale.
Ha già in mente qualche iniziativa concreta?
È partito in questi giorni il cantiere per un progetto di illuminazione artistica delle Pescherie di Giulio Romano. Sarà la prima iniziativa ufficiale per inaugurare il programma di Mantova Capitale della Cultura italiana del 2016. Inizialmente abbiamo affrontato il tema togliendo il bene dal piano di alienazione: la precedente amministrazione infatti lo aveva messo in vendita per una cifra dell’ordine dei 400mila euro. E nell’attesa di valutare come procedere abbiamo pensato di riaccenderlo, restituendolo al centro storico e ridando ai mantovani un pezzo di città, in rapporto con l’acqua, che può diventare un'interessante attrattiva turistica. Abbiamo costruito un evento intorno ad una nuova illuminazione e grazie ad un importante operazione di circa 80mila euro - nell'ambito della più ampia manovra da un milione di euro per la riqualificazione del centro storico -, è entrata come partner la Guzzini, leader nell'illuminazione di interni ed esterni, e la Martini&Martini per gli impianti tecnologici. Tea Luce e Mantova Ambiente eseguiranno i lavori, che fra l'altro renderanno le Pescherie accessibili per un mese, in via sperimentale, anche grazie alla collaborazione degli Amici di Palazzo Te, che organizzeranno le visite guidate. Non solo, nel mese di apertura sarà anche possibile, nei fine settimana, una mini-crociera sul Rio su un'imbarcazione della società Motonavi Andes. Questa iniziativa ci sta permettendo di trovare via via nuovi partner, ecco come si fa la rigenerazione.
In Italia il tema della rigenerazione urbana è strettamente legato a quello delle periferie. Anche a Mantova?
Sulle periferie in Italia c’è molta retorica. Le periferie vengono associate ai quartieri di edilizia popolare pubblica con macro-problemi sociali, ma sono ‘periferie’ anche quelle aree noiose, prevalentemente private, frutto di piani attuativi dove spesso le imprese sono fallite, aree pensate per la classe media che avrebbe voluto vivere a pochi passi dal centro, in una villetta con il giardino privato. Una di queste aree a Mantova è Ponte Rosso, a 5-6 minuti dal centro storico, dove vivono poco più di 200 persone. Si tratta di un quartiere realizzato ex novo dopo Ponte San Giorgio, pensato per la media borghesia con case acquistate sulla carta, con villette a schiera. Erano previsti due centri commerciali. I lavori sono iniziati ma le società di costruzione sono fallite e oggi ci sono due grandi scheletri utilizzati come discariche, e gran parte degli alloggi sono occupati.
Una situazione analoga a tante altre in Italia. Cosa farete?
Quando ci siamo insediati potevamo riscuotere 740mila euro di opere di urbanizzazione che il Prg ci obbligava ad investire per realizzare il parcheggio del centro commerciale (che non ci sarà per i prossimi 10 anni!) e con una forte scelta politica abbiamo deciso di lavorare in modo sinergico per migliorare la qualità della vita di chi abita a Ponte Rosso e per cercare di riportare interesse su quest’area. Abbiamo aperto un tavolo con i privati e le banche con l’obiettivo di garantire uno standard minimo, e abbiamo riunito gran parte della giunta (7 assessori su 9, più il sindaco e tutti i dirigenti) per far integrare le politiche di sicurezza, per risolvere questioni sociali, per eventualmente legalizzare alcuni inquilini con affitti concordati senza sgomberare, per intercettare risorse europee, per affrontare il problema dei rifiuti. È stato chiesto a Microcredito, la banca proprietaria, un ulteriore credito per sistemare la parte privata e il Comune sta lavorando per riattivare i fabbricati dei capannoni con usi temporanei legati al tempo libero e allo sport, si pensa anche al cinema e ad altri servizi per il quartiere.
Baroncelli collabora con l’amministrazione di Tirana dove sta realizzando il piano urbanistico insieme a Stefano Boeri e dove gravitano molti giovani studi di architettura internazionali, partecipa spesso a giurie di concorsi. A Mantova, si faranno concorsi di architettura?
Mi piacerebbe molto. In Italia ci sono dei problemi legati alla legislazione e i facili e frequenti ricorsi frenano le Pubbliche Amministrazioni nel scegliere la via del concorso, ma credo che questo sia uno dei migliori strumenti per avere idee interessanti, per attivare operazioni di marketing, per avere ricadute in termini di visibilità. Sicuramente non annunceremo nulla se non siamo certi di riuscire a concretizzare.
Mantova è capitale italiana della cultura nel 2016. Che apporto darà l’assessore Baroncelli?
L’iniziativa è nelle mani del sindaco, io ho anche una delega al fundrasing e sto dando il mio sostegno su tre livelli. Con Mattia Palazzi siamo stati recentemente a Londra proprio per cercare risorse integrative. Cerchiamo di promuovere connessioni internazionali per promuovere la visibilità della città a partire da questo evento. Utilizzeremo le risorse per costruire operazioni che restano come patrimonio della città.
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