Chi sa veramente chi è e cosa fa un architetto oggi in Italia? Restare piccoli o aggregarsi per crescere? Come rendere più efficace il dialogo tra gli architetti che lavorano nella Pa e i colleghi liberi professionisti? Come rendere più efficiente l’organizzazione degli studi? Perché e quando scegliere il BIM? Quali scommesse in Italia? Quale rapporto con i committenti? Concorsi, si o no? Si può promuovere il brand degli architetti italiani e di quelli milanesi? A Milano negli spazi della Triennale, l’Ordine degli Architetti provinciale guidato da Valeria Bottelli ha convocato gli Stati Generali per fare il punto sulla scarsa domanda a fronte di grandi aspettative dei professionisti, sul rapporto con la normativa, sulla necessaria evoluzione del mestiere, sul rapporto con gli altri interlocutori della filiera. “La professione va riprogettata. Sopravviveremo se ci evolveremo” ha dichiarato Cecilia Bolognesi, consigliere dell’Ordine di Milano e anima degli Stati generali.
L’Ordine ha coinvolto nel dibattito anche l’assessore all’urbanistica Alessandro Balducci che ha elencato le molte aree milanesi sotto osservazione da “Santa Giulia, faticosamente ripartita, al Portello, dove per la vecchia fiera la seconda proposta Vitali è di nuovo oggetto di discussione con Fondazione Fiera di Milano, dall’espansione della Bocconi per la riconversione dell’ex centrale del latte a Bicocca e Bovisa dove sono ripartiti i progetti”. L’assessore ha ricordato altre iniziative strategiche comprese quelle degli scali ferroviari “sui quali c’è stato uno stop ma il processo è così avanzato che la prossima giunta non potrà che riprenderlo immediatamente”.
L’assessore, proiettandosi nel prossimo futuro e collaborando per definire possibili strategie, ha delineato alcuni fenomeni recenti che hanno inciso sull’urbanistica della città: “è cresciuto di importanza lo spazio pubblico, con interessanti esperienze alla Darsena e alla Fondazione Prada all’Ansaldo, fino al Silos Armani. Riscontriamo inoltre un forte attivismo da parte dei cittadini impegnati anche per costruire giardini e spazi condivisi”. Prospettive? “Nei prossimi anni ci sarà una significativa offerta per la progettazione: non sarà più il tempo dei contenitori che non hanno contenuto, ma di operazioni che guardano a utilizzatori finali e a soggetti che abiteranno i luoghi, gli edifici terziari avranno caratteristiche diverse – ha continuato Balducci – e sarà necessario investire con nuovi usi nel riutilizzo di spazi abbandonati. È difficile pensare che in futuro ci saranno altre Porta Nuova, ma la città crescerà per piccoli tasselli, tenendo conto anche dell’interesse di alcune aziende come A2A, BNP Paribas o Unicredit che stanno accentrando i propri spazi nel centro della città, liberando aree periferiche”.
Riprendendo il rapporto del Cresme, illustrato dal direttore Lorenzo Bellicini, si è ricordato che “dal 2014 nel mondo ci sono 165miliardi spesi nel settore delle costruzioni: mai come in questo momento lo sviluppo economico sembra quindi essere legato al mercato dell’edilizia. Si tratta di una forte espansione, contraria alla contrazione che viene percepita generalmente”. Per cavalcare l’onda le linee sembrano essere principalmente tre: l’internazionalizzazione, l’innovazione, l’integrazione di competenze.
Tra i tanti ospiti degli Stati generali è intervenuto Lombardini22 che ha raccontato a titolo di esempio su cosa si fonda il successo dell’azienda dove “oggi lavorano 150 professionisti dipendenti, 100 architetti e 50 ingegneri, e che cresce annualmente del 30%”. Come fa? “Il nostro successo – spiega Paolo Facchini, presidente di L22 – dipende dal fatto che diamo risposte integrate, e oggi la committenza chiede questo requisito in alternativa alla firma. Il 30% del nostro lavoro tra l’altro lo facciamo in Italia”. Una storia vincente affiancata da altre, anche con numeri e fatturati inferiori, esplicitate ai tavoli di lavoro da professionisti come Monica Margarido, GSMM Architetti o Filippo Pagliani di Park Associati. Due studi milanesi con struttura e approccio differente da L22, molto attenti alla qualità del progetto impegnati in Italia e all’estero, con importanti investimenti anche nello strumento del concorso.
Tra i temi più caldi per gli architetti c’è l’organizzazione degli studi: come progettare, quali strumenti utilizzare? Ancora una volta la parola chiave è il BIM, come metodo, ma non solo. Patricia Viel socia dello studio Citterio-Viel & Parners è intervenuta sottolineando che “questo strumento non si deve scegliere perché è moderno ma perché prevede un modo diverso di progettare, prevede il coordinamento e garantisce la qualità delle prestazioni. È uno strumento che si può adottare in strutture con almeno 15 persone”. Patricia Viel che ha appena aperto uno studio anche a New York guarda con interesse all’organizzazione dei team americani. “A Londra stiamo lavorando con Gensler, uno dei più grandi al mondo con un fatturato di 600milioni di dollari. Nei loro uffici hanno organizzato il lavoro in team di 20-25 persone che si occupano di una commessa dall’inizio alla fine, anche noi – racconta – in Citterio-Viel, dove siamo 80 professionisti, oganizziamo team da 10 persone che seguono tutto il progetto al concept alla direzione artistica facendo interagire in modo flessibile tutte le competenze, occupandoci di pianificazione urbana e di interior design”. Patricia Viel è schietta “non è morto l’architetto dal cucchiaio alla città, e questo identikit è identificativo della sensibilità della cultura italiana che dobbiamo preservare”.
Un altro riscontro arriva dal mondo dei costruttori. “Il progetto resta il vero valore aggiunto - ha concluso Claudio De Albertis, presidente della Triennale di Milano e presidente dell’Ance Nazionale – ma attenzione, non si può parlare di qualità basandosi sulla sola classe energetica e più in generale ricordiamoci che oggi si vendono solo prodotti industrializzati con l’indicazione della data di fabbricazione, garanzia di costi e tempi di manutenzione”. Per il futuro? “Piaccia o no, imprese e progettisti devono andare all’estero. Secondo un recente rapporto Ance – dice De Albertis – nei prossimi dieci anni il mercato privato resterà invariato rispetto a quello di oggi pertanto in Italia non ci saranno opportunità per tutte le 960mila imprese e per le migliaia di professionisti tecnici”.
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