A un anno esatto dall’aggiudicazione della riqualificazione del Palazzo dei Diamanti di Ferrara, scoppia la querelle. Una cordata di duecento firmatari guidata da Vittorio ed Elisabetta Sgarbi è contraria al progetto, frutto di un concorso, vinto dal team guidato da 3Ti, con Labics e Elisabetta Fabbri per il restauro e Vitruvio per l’allestimento. Nell’attesa dell’avvio del cantiere, mentre si procede con l’iter autorizzativo (attualmente al vaglio della Soprintendenza), la polemica già bollente da mesi esce dal perimetro locale e arriva sulla stampa nazionale correndo sui social.
Quella contro il progetto per il Palazzo dei Diamanti è una ferma presa di posizione culturale, che ricorda il progetto mai realizzato dai Arata Isozaki per gli Uffizi a Firenze, ma anche il più recente tweet dello stesso Sgarbi contro l’opera d’arte di Daniel Buren a La Spezia. Non solo, è anche questione da campagna elettorale visto che Sgarbi non esclude la sua candidatura a sindaco della città e punta in ogni caso a trovare alleanze politiche e nella cultura locale.
Sgarbi parla dell'"alibi del concorso internazionale" e sottolinea "bastava un semplice padiglione mobile di legno, o di altro materiale leggero, quello sì struttura provvisoria di servizio, senza addizioni o allargamento del perimetro dell’edificio di Biagio Rossetti. Gaetano Pesce o Tadao Ando lo hanno realizzato".
"Si è optato per la via del concorso – spiegava invece la direttrice dei Musei di Arte Moderna e Contemporanea Maria Luisa Pacelli, appena conclusa la gara – perché servivano idee innovative per decidere la destinazione d’uso di questi spazi, andando ad intervenire in luoghi sensibili, per ragioni storico-architettoniche, oltre che per la percezione che i cittadini ne hanno". Tutela del patrimonio, attenzione al carattere compositivo-formale e al mix funzionale sono stati i criteri per la giuria che, dopo una fase anonima, ha attivato un dialogo con i finalisti, nel corso del quale la commissione ha suggerito delle linee di miglioramento mirate, arrivando via via al progetto desiderato.
Contro la soluzione 3TI-Labics hanno firmato anche alcuni architetti come Paolo Portoghesi, Pier Luigi Cerri, Pierluigi Cervellati, Mario Botta e Mario Bellini. A loro si sono uniti importanti nomi del mondo della cultura come Massimo Bray e Salvatore Settis. Nella lunga lista si contano anche alcuni sindaci come Luigi Brugnaro di Venezia, Mario Conte di Treviso, Guido Castelli di Ascoli Piceno, Maurizio Gambini di Urbino, Dario Nardella di Firenze, Vincenzo Napoli di Salerno, Giovanni Arena di Viterbo, Leoluca Orlando di Palermo e Federico Pizzarotti di Parma. Spiccano tra gli altri Edi Rama, primo ministro dell’Albania, che ha fatto della contemporaneità il suo cavallo di battaglia, ma anche Renato Soru, ex presidente della regione sarda, noto per la sua campagna al fianco delle archistar.
Il "no" all’architettura nata da un concorso suona un po’ strano in un Paese che invoca la trasparenza nelle procedure. Nei fatti, però, con una raccolta di firme di rilievo a scala nazionale e internazionale, a pochi mesi dalle elezioni e a pochi giorni dal verdetto della Soprintendenza, si alza un polverone che non potrà che allungare i tempi del processo. La querelle è appena cominciata, ma il fronte del "si" guidato da chi cavalca la notizia per fare anche una battaglia professionale (non di critica formale), per ora si è fatto sentire su poche bacheche Facebook.
Il progetto vincitore del concorso prevede di realizzare una struttura leggera e reversibile, che si stacca dal muro di separazione tra la corte interna e il giardino. Non è stato inteso né della committenza né dai progettisti come completamento della fabbrica, ma come addizione che ne migliorerà la fruizione. “Sono convinta che il patrimonio vada innanzitutto conservato e preservato, ma per fare ciò non è necessario trattare i monumenti come organismi statici e senza vita. Le nostre città – spiega Maria Luisa Pacelli - sono piene di chiese, palazzi, piazze il cui aspetto attuale è frutto di interventi stratificati di epoche diverse che hanno aggiunto ai siti valore civile, culturale ed estetico. Questo accade anche oggi: pensiamo alle piramidi del Louvre o al Centre Pompidou – interventi che sono stati determinanti nel rilanciare la città e i suoi luoghi della cultura. La discriminante sta tutta nella capacità del nuovo di dialogare con il contesto in cui si colloca, ed è proprio questo il punto di forza del progetto per Palazzo dei Diamanti”.
Il concorso, conclusosi a fine 2017 con l’aggiudicazione, ha basi lontane. “A partire dal 2012 - spiegano dal Comune di Ferrara - è stato avviato un confronto tra gli organi politici e tecnici dell’Amministrazione Comunale e quelli del Ministero per i beni e le attività culturali, con lo scopo di individuare soluzioni per restaurare il monumento e migliorarne i servizi e la fruizione. Il bene è tutelato e difeso, non c’è alcun ampliamento che lo riguardi, ma un progetto di restauro degli spazi esistenti e l’inserimento di un padiglione reversibile nel giardino retrostante”.
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