«Guidato dal tuo odore verso climi affascinanti, vedo un porto fitto d’alberi e vele ancora affaticate dal fluttuare dei marosi». Charles Baudelaire descriveva così poeticamente l’essenza di uno scalo marittimo della sua epoca. Oggi la situazione è ben diversa, con parte dei processi automatizzati e una presenza sempre minore di addetti. La gestione stessa degli ingressi avviene all’interno di vere e proprie torri di controllo, al pari di un aeroporto. Ma qual è il peso economico di un grande scalo marittimo? Nel caso del sistema portuale veneto, l’indotto e le ricadute dirette e indirette ammontano a 21 miliardi di euro e oltre 92mila occupati. A calcolarlo lo studio realizzato da una joint venture fra Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Settentrionale (AdSPMAS) e Camera di Commercio Venezia – Rovigo, basato su una metodologia innovativa e replicabile.
A rendere ancora più evidente la rilevanza del sistema rispetto all’ambito regionale e nazionale, le cifre relative agli hub di Venezia e Chioggia. Quello del capoluogo veneto è il primo home port crocieristico del Paese con 1,56 milioni di passeggeri movimentati, mentre per quanto riguarda la pesca lo scalo situato al limite meridionale della laguna è secondo solo a Mazzara del Vallo con 16,7mila tonnellate di pescato e una flotta dal peso complessivo di 5,5mila tonnellate. Per quanto concerne i porti mercantili, quello di Venezia è settimo a livello nazionale con una movimentazione di oltre 26 milioni di tonnellate.
Numeri. Fra le tante voci analizzate, lo studio approfondisce la vocazione multi-purpose del sistema portuale dell’Adriatico settentrionale. Questa flessibilità rappresenta un valore aggiunto poiché consente agli scali di assorbire con più facilità i cambiamenti economici improvvisi. Nello specifico sono 1.260 le aziende attive a Venezia e 322 quelle a Chioggia, per un totale di 21.175 addetti. Le realtà produttive coinvolte dallo scalo del capoluogo valgono 6,6 miliardi di euro, pari al 27% del Pil comunale e il 13% di quello metropolitano. E l’indotto? Lo studio quantifica in 92.284 occupati la forza lavoro coinvolta, il 61% della quale nell’ambito metropolitano. Sotto il profilo economico, invece, ammonta a 21 miliardi di euro il valore del sistema portuale veneto di cui 11,7 miliardi di produzione diretta, 7 miliardi indiretta e 2,3 miliardi di indotto. Di questi, 10, 6 miliardi rimangono nella città metropolitana, 3,9 nel territorio regionale e 6,4 nel resto del Paese. Un dato importante che conferma come la maggior parte delle ricadute benefiche siano registrate al di fuori del contesto locale.
«Il sistema portuale veneto, per valore economico-produttivo e ricadute occupazionali, è un patrimonio di rilevanza nazionale» ha sottolineato Pino Musolino, presidente dell’AdSPMAS, durante l’incontro di presentazione della ricerca. «Con questo studio proponiamo al decisore politico uno strumento per effettuare analisi replicabili ed esportabili in altri scali italiani. Un mezzo utile per prendere decisioni strategiche fondate sui dati e sulle prospettive reali di crescita di un comparto con un orizzonte temporale medio-lungo. I risultati forniti dalla ricerca indicano forniscono dati oggettivi per un’allocazione efficiente delle risorse finanziarie. Inoltre – ha spiegato Musolino – l’utilizzo sistematico di questa metodologia in altre realtà permetterebbe di sganciarci dalla vecchia modalità di programmazione campanilistica che, nel contesto attuale, non ci farebbe risultare vincenti nel sistema competitivo globale».
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