Diversità, equità e accoglienza come strumenti di resilienza urbana, per mettere in discussione ciò che serve a promuovere l’inclusione in tutte le sue forme. Nell’ambito della rassegna di Scali Urbani – organizzata dall’Ordine degli Architetti PPC di Livorno – è stata dedicata particolare attenzione alla città del futuro sotto la lente femminile. Alessandro Melis, curatore del padiglione Italia alla prossima Biennale di Venezia ha introdotto il format ricordando che «il tema della resilienza si coniuga attraverso l’attenzione ambientale agli aspetti sociali della città. Lo strumento è proporzionale alla capacità di inclusività di una comunità. Siamo in un momento storico e critico particolare in Italia – ha aggiunto – che può però aiutarci a capire che quando si parla di femminismo oggi si parla di un principio che porta vantaggio a tutti».
I temi sotto i riflettori: l’emergenza sanitaria che ha messo sotto gli occhi di tutti la responsabilità storica nei confronti dell’ambiente e aperto un ragionamento sul costruire diversamente, ma soprattutto sul «ricostruire degli equilibri con qualcosa più grande di noi. Ma c’è anche un’altra responsabilità, sociale nei confronti delle donne, storicamente escluse dall’avere voce. È arrivato il momento di fare spazio, nel senso di riportare dentro chi è stato escluso dalla storia. Tutto questo – racconta Marialuisa Palumbo, architetta e senior fellow del McLuhan Program in Culture and Technology dell’Università di Toronto – mettendo in discussione la storia dell’architettura così come ci è stata raccontata fino ad oggi. È il nostro modo di guardare e studiare, di pensare l’autorialità che va rimesso in gioco».
Sull’importanza della relazione fra vari attori per creare vera inclusività anche Lina Malfona, architetta e docente all’Università di Pisa «insieme all’accoglienza di tutto ciò che è diverso parliamo di temi di grande attualità che ci sono sfuggiti soprattutto nell’ambito accademico. Questo deve essere punto di partenza per l’innovazione e la sperimentazione delle città del futuro». «Ogni luogo infatti ha in sé la capacità di assorbire e rigenerarsi laddove la comunità preesistente si dimostra in grado di accogliere il nuovo, modificandosi e rigenerandosi» le fa eco la giornalista Patrizia Catalano.
Altro importante fattore per la ripartenza e la resilienza delle città è senz’altro il linguaggio: quello architettonico, meno immediato di altri «accettando la contaminazione con diverse forme di narrazione darebbe vita ad una forma più ricca. Creare sinergia, in nome di vera inclusività» è la chiave per raggiungere la resilienza a cui si aspira, per l’architetta e fotografa Virginia Cucchi.
Solidarietà e cura, delle città e dell’ambiente, restituendo all’architettura la sua caratteristica principale. Questo in sintesi il messaggio dell’incontro, ricordando che il progetto architettonico, non a caso, non è univoco ma nasce necessariamente da una relazione. È fondamentale, soprattutto in questo periodo storico «che si trovino delle soluzioni per la complessità dei modi in cui viviamo nelle città. Sta a noi proporre soluzioni attuabili e identificare le priorità, di fronte a problematiche strutturali che avranno un sicuro impatto sulle generazioni future» conclude Maria Perbellini, docente del New York Institute of Technology.
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