Un’etica per la ricostruzione, tra memoria e futuro, è possibile. Nell’ambito dell’evento promosso da ArchiLogos, un gruppo di architetti umbri di recente costituzione, insieme alla Fondazione Umbra per l’Architettura (Solomeo, 5 e 6 giugno) si è acceso un faro sul tema del restauro, del recupero e della valorizzazione delle cosiddette aree interne colpite dai recenti terremoti. Dialogo aperto tra esperienze accademiche e professionali, per confrontarsi sulla figura culturale dell’architetto, capace di affrontare l’analisi e il progetto attraverso una visione ampia e soprattutto multidisciplinare.
Il focus del convegno si è concentrato sul terremoto del 2016 che ha inciso un segno su un territorio già fortemente marcato da altri importanti eventi sismici, ma non si può non ricordare che da poco sono passati i primi dieci anni dal sisma dell’Aquila e che nel 2012 l’Emilia Romagna ha dovuto fare i conti con il tema (e non mancano iniziative recenti come quella promossa dall’IBC per il Comune di Modena per rimarginare le ultime ferite). Olimpia Niglio, architetto italiano che vive a Seoul, professore di Storia dell’architettura e del restauro e autore di numerose pubblicazioni sul tema, ha raccontato al pubblico riunito al Teatro Cucinelli come altre realtà culturali abbiano affrontato e affrontino i temi di ricostruzione post-sisma.
Giappone, terremoto di Sendai del 2011. «Un sisma che tutti ricordiamo per il forte movimento tellurico che aveva provocato anche un disastroso tsunami. Molte città, sul fronte marittimo, furono fortemente danneggiate – racconta Olimpia Niglio – ma a pochi mesi dal disastroso evento, il professore Taro Miura della Meiji University in occasione dell’Assemblea Generale dell’IFLA (International Federation of Library Associations) a San José in Costa Rica aveva dichiarato che le biblioteche nella zona colpita dal disastro necessitano di un sostegno a lungo termine in ogni campo per ricostruire e ripristinare i loro servizi. Il supporto può includere il recupero e la riparazione dei materiali, la fornitura di libri, l’assistenza di servizi di riferimento e la formazione. È importante per le persone il ruolo delle biblioteche – riporta la Niglio – quale bene comune e per questo motivo è fondamentale identificare i principali bisogni della comunità e fornire il supporto necessario perché ogni servizio funzioni correttamente». La ricostruzione a partire dalla cultura, dal patrimonio umano, dalla collettività, dalle biblioteche.
Esemplare il caso della mediateca realizzata nel 2001 dall’architetto Toyo Ito e fortemente danneggiata dal sisma del 2011. «Dopo meno di due anni, la mediateca ha riaperto le porte – racconta la Niglio – ed è divenuta un punto nevralgico di contatti e condivisioni all’interno di una città».
La ricostruzione della città di Popayan in Colombia. Nel sud-est del paese nel dipartimento del Cauca si trova la città di Popayan fondata dagli spagnoli nel 1537; diversi eventi sismici hanno colpito questa città nel corso dei secoli e in particolare si trovano informazioni sul terremoto del 1736. «Tra questi – racconta Niglio – l’ultimo forte terremoto risale al 1983 quando la città fu totalmente distrutta. Nota anche come “città bianca” per il colore di tutti gli edifici che caratterizzano il centro storico, la città è però immediatamente rinata a seguito di un progetto culturale che ha visto fiorire subito dopo l’evento sismico, diverse sedi universitarie proprio nel nucleo di fondazione».
In Colombia i programmi attuati dal governo centrale hanno visto in pochi anni ricostruire i principali monumenti e le cortine edilizie del centro storico tanto che già al principio degli anni’90 del XX secolo la città era completamente rifiorita. «Dopo 25 anni dall’evento sismico – racconta la ricercatrice – il Committee on Economic, Social and Cultural Rightsdelle Nazioni Unite ha redatto un interessante report che fa riferimento anche a precedenti incontri svoltisi tra il 1999 e il 2001, evidenziando la positività degli sforzi congiunti compiuti dai vari organismi statali della Colombia per compilare un resoconto completo dei progressi nonché anche delle difficoltà, per quanto riguarda le questioni regolamentari, giudiziarie e amministrative, in merito agli interventi eseguiti sulle città danneggiate dai terremoti».
Denominatore comune? La cultura. Nonostante le differenze in termini di numero di abitanti e di estensione territoriale, i due esempi, Giappone e Colombia, presentano un carattere comune: “la cultura e i programmi basati su principi etici, in cui la vita dell’uomo e il suo benessere sono al centro delle proposte progettuali che sono state messe in campo in modo strutturato”.
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