La “centrale unica per la progettazione” nella legge di bilancio per il 2019 cambia nome e diventa “Struttura per la progettazione di beni ed edifici pubblici”. Una modifica forse non rilevante che potrebbe acquisire, però, uno specifico significato sulle finalità che il Legislatore deciderà di attribuirle. Tutto dipenderà dal contenuto del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri che, secondo la legge di bilancio 2019, dovrebbe arrivare entro fine gennaio a “costruire” l’operatività dell’organismo.
«La speranza è che il cambiamento del nome comporti la scelta di non creare una struttura centralizzata bensì dislocata sull’intero territorio nazionale, seppur coordinata a livello centrale, in modo da tener conto delle esigenze delle singole realtà locali. Non a caso, con l’ultimo emendamento alla legge di bilancio è stato introdotto un nuovo comma (il 166), con cui si prevede che ben 120 unità delle 300 totali previste, siano assegnate, seppur temporaneamente, alle Provincie delle Regioni a statuto ordinario». Il ragionamento con l’avvocato Gianluca Gariboldi, a capo del dipartimento di diritto amministrativo e del settore real estate dello studio Gattai, Minoli, Agostinelli & Partners, parte dal dato nominale per proiettarsi sul prossimo futuro.
Se un organismo ancora da costituire e con organico ridotto non potrà risolvere la situazione critica del patrimonio pubblico italiano, esso «può essere una strada alternativa purché tale attività sia limitata a situazioni di effettiva emergenza o a quelle che comportino un’effettiva riduzione dei costi», suggerisce l’avvocato.
Lo scopo - L’obiettivo dovrebbe essere quello di rilanciare la progettazione pubblica tramite la Struttura, lasciando a professionisti esterni alla pubblica amministrazione la progettazione effettiva. Un utilizzo della Struttura che per Gariboldi può servire a regolarizzare e valorizzare il patrimonio esistente, anche aiutando gli enti pubblici a esperire le gare, a promuoverle previa analisi dei costi degli edifici, a redigere gli studi di fattibilità e a controllare e monitorare gli appalti.
Stabilita l’istituzione del nuovo organismo nonostante l’opposizione degli ordini professionali, infatti, l’avvocato sottolinea l’importanza di trovare un’intesa prima dell’emanazione del Dpcm. Anche per evitare un nuovo caso “Sicilia”, regione in cui si erano precorsi i tempi e l’Ufficio speciale per la progettazione regionale è finito davanti al Tar. Al tribunale amministrativo gli ordini avevano chiesto di valutare l’eventuale commistione tra la stazione appaltante, il progettista e il soggetto che controlla il progetto.
Il Codice degli Appalti (Dlgs n. 50/2016), all’articolo 24, comma 1, lettera c), già consente che tutte le prestazioni relative alla progettazione di fattibilità tecnica ed economica, definitiva ed esecutiva dei lavori, possano essere svolte da organismi di altre pubbliche amministrazioni di cui le singole stazioni appaltanti possono avvalersi per legge. Si tratta adesso di evitare contrapposizioni che renderebbero incerta l’attuazione.
«Nel decreto attuativo - spiega l'avvocato - si potrebbero prevedere quelle funzioni che comportano un effettivo supporto tecnico agli enti pubblici e che hanno un’incidenza marginale sulle attività di progettazione vera e propria».
Gli aspetti progettuali – Ancora, tra gli elementi da dirimere con il Dpcm ci sarà la parte relativa all’attività di progettazione vera e propria (progetti preliminari, definitivi, esecutivi).
«A mio parere – continua il professionista -, visto che comunque l’organico della nuova Struttura è esiguo, tenuto conto degli appelli pervenuti dai Collegi e dagli Ordini degli Architetti e degli Ingegneri, una riflessione del Governo sarebbe opportuna in modo da limitare la possibilità di affidare la progettazione di singole opere pubbliche solo ove vi sia uno specifico e rilevante interesse pubblico». Per esempio, l’avvocato propone che Stato ed enti pubblici territoriali possano rivolgersi «facoltativamente» della struttura «solo in tassativi e specifici casi da indicare nel Dpcm o nel successivo decreto che dovrà essere emanato per coordinare le nuove disposizioni con il Codice degli Appalti» (si veda il dettaglio nelle slide in fondo all'articolo).
I possibili beneficiari – La revisione del testo definitivamente approvato rispetto alla stesura originaria lascia aperta la questione dei beneficiari della Struttura, una volta avviata. Secondo Gariboldi sarà necessario garantire una sua effettiva autonomia anche rispetto alle potenziali stazioni appaltanti. Tra queste dovrebbero essere ricomprese tutte le amministrazioni dello Stato, nonché gli enti territoriali locali che ne facciano richiesta.
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