Capitale Europea Cultura 2019, 6 città candidate. Intervista a Bruno Valentini, sindaco di Siena

Da teatro della cattiva finanza a città che coniuga creatività e innovazione

di Paola Pierotti | pubblicato: 26/09/2014
"L’idea è di passare dalla rendita all’innovazione, di convertire la città e creare un modello dove ci sia spazio per la creatività e le politiche culturali, con risvolti internazionali. Un obiettivo che non è un optional ma una necessità. Dobbiamo produrre cultura e di distribuirla"
Bruno Valentini
Da teatro della cattiva finanza a città che coniuga creatività e innovazione
"L’idea è di passare dalla rendita all’innovazione, di convertire la città e creare un modello dove ci sia spazio per la creatività e le politiche culturali, con risvolti internazionali. Un obiettivo che non è un optional ma una necessità. Dobbiamo produrre cultura e di distribuirla"
Bruno Valentini

Quando è nata l’idea di candidare Siena al titolo di capitale europea della Cultura?Il fallimento di Monte dei Paschi ha avuto ricadute pesanti nell’economia cittadina e serviva un’azione rapida. L’idea è stata quella di passare dalla rendita all’innovazione, di convertire la città da teatro delle conseguenze della cattiva finanza a modello dove ci sia spazio per la creatività e le politiche culturali, con risvolti internazionali. Un obiettivo che non è un optional ma una necessità. Siena ha un ricco patrimonio di cultura, storia e turismo, e in questa nuova fase stiamo andando verso un modello socio-economico che ha l’ambizione di produrre cultura e di distribuirla. In sintesi: non vogliamo ospitare eventi ma produrli.

Si corre per vincere, ma se Siena non si aggiudicasse il titolo andrà comunque avanti in questa direzione?
Abbiamo già firmato un accordo con la Regione Toscana dichiarando che comunque vadano le cose parte dei fondi strutturali relativi al turismo e alla cultura andranno destinati ad un grande progetto per Siena.

Quali strategie Siena può mettere in atto per lavorare sulla sua identità, tenendo in considerazione la fragilità della situazione e la scarsità di risorse economiche a disposizione?
Siena gode già di una grande visibilità in campo turistico, diventare capitale della cultura potrebbe tradursi anche in un eccesso di attenzione, per questo va valutato a priori come evitare di farsi consumare dal turismo di massa, comunicando meglio gli elementi meno conosciuti della città.
Vogliamo favorire uno scambio continuo tra cittadini e visitatori perché entrambe le categorie si possano arricchire. Oggi solo un turista su 20 dorme in città, Siena è generalmente la tappa di un itinerario più complesso, viene visitata e goduta in poche ore.

Sindaco, concretamente, a cosa pensa?
Tutti conoscono il Palio di Siena, vorrei lavorare per mostrare cosa ci sta dietro la corsa di un giorno. Questa secondo me è la chiave: raccontare il livello di coesione sociale, dimostrare cosa esprimono le tradizioni secolari, l’alto livello di partecipazione e di volontariato (a Siena c’è il più alto numero di donatori di sangue). Le contrade sono sinonimo di controllo sociale e si vede quando si leggono le statistiche sulle città sicure, motivo che si aggiunge alla qualità didattica per i tanti studenti stranieri che scelgono Siena come città universitaria.

Qual è il target di riferimento del vostro piano di rigenerazione? I turisti, gli studenti, chi altro?
È un piano per tutti e l’unicità è data dalla condivisione dello stesso tessuto sociale. Dobbiamo valorizzare ciò che siamo e cogliere le differenze: Siena è una città di 54mila abitanti che può promuoversi come esempio di italianità. Inoltre il territorio è l’unico al mondo con quattro siti Unesco.

In termini di rigenerazione urbana come immagina Siena nei prossimi cinque anni?
Siena ha un equilibrio architettonico e urbanistico troppo delicato. Nel 1965 è stata la prima città al mondo a chiudere il centro alle automobili e anche oggi vogliamo portare avanti una strategia di pedonalizzazione e di mobilità dolce. Siena deve riutilizzare i suoi spazi per attirare le giovani generazioni dall’Italia e dal mondo, creare i servizi necessari perché le loro idee si trasformino in imprese. Se in Italia la storia dell’arte vale l’8-9% del Pil bisogna trasformare le idee in musei e iniziative legate al turismo sostenibile.

Che ruolo possono avere i privati?
I privati devono saper gestire le start up culturali. Abbiamo realizzato una mappa con i luoghi che possono essere rigenerati e valorizzati, la Fonazione Monte dei Paschi è partner del progetto, a questo punto ci aspettiamo anche la collaborazione delle Università che ci dovranno mettere in contatto con gli studenti. I privati devono facilitare i processi, spianare la strada per trovare idee nuove da vendere sul mercato aperto.

Come si traducono queste iniziative in termini di progetti fisici per la città?
Nel riuso di immobili che hanno bisogno di trovare una nuova vita per fare in modo che il ripopolamento avvenga tenendo insieme il contesto ambientale e la nuova funzione. Questo percorso è stato iniziato ad esempio al Santa Maria della Scala, dove un ricco complesso museale ha trovato posto all’interno di uno dei più antichi ospedali europei che da alcuni anni ha esaurito le proprie funzioni sanitarie.

Sindaco dal suo punto di vista quali sono le carte vincenti per Siena capitale della cultura?
Nel mondo tutti sanno cos’è Siena. Vogliamo partire da qui per impostare una nuova offerta culturale. Vorremo fare un concorso per realizzare proprio all’interno del Santa Maria della Scala un centro culturale permanente, un sorta di “pronto soccorso culturale” accogliente, capace di agire su alienazioni e solitudini moderne di giovani e anziani. Un progetto concreto per dimostrare che oggi la cultura è la leva dell’innovazione.
In sintesi Siena si giova tre carte: vuole cambiare il suo modello economico da rendita, a cultura da produrre; favorire uno scambio con i turisti che per ora consumano senza ricadute importanti per la città; utilizzare e innovare il tessuto architettonico e sociale.

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Tag: città
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